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Zara ed altri big decidono di mettere un freno al reso gratuito

Il provvedimento viene assunto per limitare l’impatto ecologico sui trasporti, ma anche per ridurre il fenomeno di chi compra, utilizza e poi restituisce

Un costume tanto caro ad Amazon e poco gradito dai produttori è quello del reso gratuito sui prodotti acquistati online e contestati dal cliente finale.

Infatti sono molti i consumatori che, dopo avere comprato su Internet, si dichiarano insoddisfatti e chiedono il rimborso di quanto speso. Molto spesso Amazon non chiede neppure la restituzione di quanto acquistato.

Si tratta di una consuetudine che ha dato modo a molte persone di comprare, utilizzare e poi restituire. Specie nel settore dell’abbigliamento.

Sulla scia degli alti costi che il reso gratuito comporta, ed anche per la necessità di limitare l’impatto ecologico sui trasporti, alcuni grandi brand hanno deciso di imporre una tassa sul reso.

Nel Regno Unito, per la restituzione di quanto acquistato, Zara impone già una tassa di due sterline. L’esempio viene ora seguito anche dalla giapponese Uniqlo e dalla britannica Asos.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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