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Web marketing: come pagare di meno Google ma vendere di più online

Spesso il motore di ricerca concede una maggiore presenza alle aziende che spendono meno, sulla base di algoritmi che premiano efficienza, professionalità e affidabilità

L’argomento che trattiamo oggi sul Magazine di evoluzionecommerce è molto tecnico, ma di fondamentale importanza per tutte le aziende, che puntano alla visibilità sul motore di ricerca attraverso il marketing. Per questo cercherò di utilizzare un linguaggio accessibile a tutti. Parliamo del cosiddetto “sistema delle aste”, adottato dagli algoritmi di Google per presentare annunci pubblicitari a chi ricerca informazioni, prodotti o servizi, resi disponibili online dalle aziende. Parlando di e-commerce, è un sistema che premia i negozi più virtuosi e penalizza quelli meno efficaci nella comunicazione e interazione con Google stesso. Soprattutto favorendo le vendite. Per capire qual è il metro di giudizio di questi algoritmi, è necessario comprendere cosa si intende qui per “asta” e le sue peculiarità. Scopriamolo nelle righe che seguono.

Il concetto di “asta”

Partiamo da un presupposto per fare subito chiarezza. Google non è un ente di beneficenza. Google guadagna sulla base dei suoi canali pubblicitari, indirizzando i suoi utenti (coloro che navigano online) verso quei siti che lo pagano per essere visibili proprio a quegli utenti. Ma, prima di mostrarli, fa una rigida selezione.

Sostanzialmente succede così:

  1. un utente digita su Google una parola-chiave (ad esempio “salsa di pomodoro”) per chiedergli di mostrargli tutte quelle aziende, produttori, rivenditori, dietologi e altro che trattano questo tipo di prodotto;
  2. più la parola-chiave è circostanziata (ad esempio “salsa di pomodoro in vasetto da 100 grammi”), meglio Google decide autonomamente quale annuncio mostrare e quale no, utilizzando i propri algoritmi molto avanzati;
  3. l’utente fa clic sugli annunci che gli vengono mostrati e Google addebita il costo del clic a chi ha selezionato per concedergli visibilità.

Questo sistema di selezione prende il nome di “asta”, un concetto assai differente dal significato che abitualmente questo termine assume.

Di fatto, si tratta sempre di una gara tra siti web, come vedremo, ma gli strumenti per vincerla, e perché la vittoria non dipenda necessariamente dal denaro investito, sono tanto variegati quanto indispensabili.

Lo scopo del nostro articolo di oggi è proprio quello di aiutare gli imprenditori a capire come si muovono le logiche di Google e come conquistarle, per primeggiare nelle “aste” su una concorrenza meno capace di farsi apprezzare dal motore di ricerca. Un vantaggio non da poco.

Non dimentichiamo mai che il successo di Google si fonda sulla sua autorevolezza, cioè sulla congruità dei risultati che propone agli utenti a seguito di una loro query (ricerca).

Così, da una parte Google continuerà ad essere utile a chi naviga online, ma anche continuerà ad essere lo strumento più goloso per le imprese che si promuovono per scopi informativi o commerciali.

Per questo motivo, quando un’impresa viene mostrata da Google all’utenza, pur avendo pagato per quel clic, è come se Google l’avesse selezionata come sua partner ideale per uno specifico prodotto o servizio.

Ecco perché gli algoritmi di Google si fanno sempre più raffinati e complessi, mettendo in gara le imprese tra di loro. Ma per riuscire a conquistare la loro fiducia, e vincere la gara, bisogna mettere in campo strategie di comunicazione altrettanto raffinate ed efficaci. Come vediamo qui di seguito.

Il dialogo con il motore di ricerca

Fino a un paio di anni fa, quando si parlava delle aste di Google, si intendeva dire che il motore di ricerca dava un valore monetario alle parole-chiave, secondo la quantità di ricerche per le quali quella parola-chiave veniva utilizzata.

Per parole-chiave molto generaliste, come ad esempio “abbigliamento”, “sport”, “animali” e così via i costi erano piuttosto alti, perché gli utenti che navigano su Internet le usano con maggiore frequenza.

Dunque, cosa faceva Google? Esattamente quello che succede per la logica della domanda e dell’offerta. Quando il mercato è subissato di richieste, i prezzi salgono.

Quindi, chi poteva giovarsi di quelle parole-chiave? Chi pagava di più degli altri per apparire quando un potenziale cliente chiedeva a Google di mostrargli dei risultati (i siti delle aziende, associazioni e altro) a seguito di una ricerca.

Da questo momento parliamo solo di aziende per concentrarci meglio sul mondo e-commerce.

Oggi, il concetto di “asta” non è più così elementare. L’asta di Google è diventata quel algoritmo decisionale che comprende molti più fattori delle semplici parole-chiave. Le sue valutazioni si condizionano al nuovo criterio di impostazione delle campagne pubblicitarie che risponde al nome di Performance Max. Ne abbiamo già parlato in un precedente articolo del nostro Magazine.

È un concetto molto più articolato della precedente versione delle “aste”, perché oggi Google si concede molto più di prima alle imprese che vogliono pubblicizzarsi sui suoi canali di marketing. Non si limita solo alla scelta di una parola-chiave sulla base dei suoi costi e dei volumi di ricerca, ma si mette a disposizione anche per:

  • impostare strategie di comunicazione;
  • preordinare tempi e modi delle offerte;
  • lavorare su una quantità di ordini prefissata;
  • programmare i ritorni sull’investimento;
  • adeguarsi ai budget giornalieri;
  • valutare il massimo di spesa per un singolo clic;
  • interfacciarsi all’unisono con tutti i suoi canali pubblicitari.

Tutto ciò avviene attraverso uno scambio di informazioni tra motore di ricerca, sito e campagne di marketing. Una sorta di dialogo permanente con Google, utile a scalare le posizioni all’interno del suo sistema di “asta”.

Sostanzialmente si tratta di un dialogo che deve essere impostato con il linguaggio di Google e che le aziende non sono in grado di sostenere da sole. Semplicemente perché non lo conoscono

Ed è importante che questo avvenga, perché è proprio dalla comprensione dello scambio dei dati che Google comincia a valutare l’affidabilità delle aziende che lo utilizzano, chiedendogli visibilità.

Vediamola così: se le aziende aiutano Google a rendersi utile verso chi naviga, Google aiuta le aziende in termini di presenza, costi e risultati.

Come abbiamo visto nel precedente elenco di alcune risorse che Google mette a disposizione, le strade su cui collaborare con il motore di ricerca sono tante per convincerlo a concedere questi vantaggi.

Per ognuna di esse Google valuta la professionalità con cui ci si approccia alle sue esigenze e la capacità di essere scientifici nel dialogare con il suo algoritmo.

Questo significa che, secondo una propria logica di ranking, Google assegna ad ogni azienda un proprio punteggio di qualità, che farà in modo di premiarle, anche senza farle concorrere tra di loro soltanto in base a quanto spendono di più.

Agendo così e come vedremo in seguito, spesso Google concede maggiore visibilità a chi paga di meno.

Il ranking delle imprese

Diciamo che Google ha due modi per guadagnare denaro:

  1. prendere soldi da chi brucia i propri budget pubblicitari;
  2. prendere soldi in cambio di risultati.

Nel primo caso, bisogna considerare che a Google non interessa nulla se le imprese gettano denaro al vento per le proprie fantasie di marketing. È piuttosto bravo nel fare bruciare capitali, senza che questo influisca sulla sua autorevolezza.

La sua filosofia è che chi sbaglia ripetitivamente la comunicazione pubblicitaria, prima o poi è destinato a sparire. Quindi raccoglie subito tutto quanto può raccogliere.

Nel secondo caso, invece, Google incrocia l’interesse delle aziende con il proprio interesse. Se le imprese, grazie alla collaborazione professionale di chi sa veramente impostare operazioni di web marketing, ottengono risultati significativi dalle proprie campagne su Google, il motore di ricerca ci guadagna due volte.

La prima è in autorevolezza, come abbiamo spiegato precedentemente. La seconda in termini di denaro, perché chi guadagna attraverso la propria pubblicità su Google è portato a reinvestire ancora di più sul medesimo canale pubblicitario.

Dunque, Google non guarda soltanto quanto un’azienda investe, ma anche i suoi ritorni positivi rispetto al marketing, al numero di accessi che riscuote un certo annuncio, alla congruità delle parole-chiave scelte per rendersi visibili, all’esclusione delle parole-chiave non pertinenti.

Su quest’ultimo punto vale la pena di fare un esempio. Se io vendo Nutella online e chiedo a Google di farmi apparire dietro richiesta della parola-chiave “Nutella”, lui mi mostrerà una serie di risultati che mi faranno spendere un sacco di soldi in clic assolutamente inutili.

Difatti, mi farà apparire anche a chi cerca prodotti simili alla Nutella, a chi chiede quale rimedio può adottare essendosi ingozzato di Nutella, a chi ha perso i denti mangiando chili di Nutella e via dicendo.

Non solo non avrò venduto la mia Nutella, ma anche Google mi avrà deprezzato nel suo sistema di ranking, classificandomi come non affidabile.

Insomma, se una “illuminata” web agency avesse impostato la campagna di marketing del mio e-commerce puntando sulla parola-chiave “Nutella”, mi avrebbe fatto perdere un sacco di soldi (clic pagati senza ordini ricevuti), oltre alla credibilità verso il motore di ricerca.

Non pensiate che si sia tanto distanti dalla realtà. Anzi, è così che avviene la maggior parte delle volte ed è anche per questo che molte imprese, pur meritevoli di vendere online, hanno i loro e-commerce che producono zero ordini. O quasi.

Dunque, che cosa dovrei fare se proprio volessi incaponirmi su quella parola-chiave? Google mi permette di chiedergli di escludere tutti quegli utenti che non sono pertinenti alla mia esigenza pubblicitaria.

Per ottenere questo vantaggio, dovrei restringere al massimo i confini della parola-chiave prescelta, comunicando a Google, nella dovuta forma e linguaggio, di fare apparire il mio annuncio soltanto a chi potenzialmente può esprimere una reale intenzione d’acquisto.

Strategie laser

Da tutto quanto è stato scritto fin qui, appare chiaro che il web marketing non può essere frutto di sola fantasia e creatività. Al contrario, deve rispondere a due logiche precise:

Sul primo punto abbiamo già detto molto, ma non tutto per non entrare in tecnicismi di difficile comprensione, che non gioverebbero a chi legge.

Possiamo comunque affermare che, se il linguaggio da utilizzare con il motore di ricerca è unico per tutti coloro che impostano azioni di marketing, le strategie di comunicazione sono differenti da azienda ad azienda.

Il marketing deve configurarsi sugli obiettivi di un piano strategico personalizzato per le rispettive attività, che possono avere scopi diversi da raggiungere. Ci sono siti puramente commerciali, altri informativi, altri di pubblica utilità e così via.

Google è in grado di supportare in modo diverso strategie differenti tra loro, ma anche in questo caso esprime giudizi su ciò che si comunica, grazie alla sua intelligenza artificiale. Gli algoritmi.

Per fare un esempio, se un ristorante ha deciso di pubblicizzare il basso costo dei suoi pranzi di lavoro, quelli da 10-15 euro tutto compreso, è prevedibile che limiti il raggio di azione del suo marketing alla zona in cui si trovano uffici e industrie del circondario.

Se quel ristorante non indica a Google una limitazione del territorio su cui fare apparire l’annuncio, oppure la indica in modo non congruo (ad esempio provinciale, regionale o, peggio, nazionale) non otterrà una buona reputazione presso il motore di ricerca. E non vedrà neanche affluire molti clienti.

Lo stesso si può dire quando il marketing è legato agli orari. Se fai un annuncio che invita a chiamare subito il tuo ufficio (ad esempio: “chiama entro cinque minuti per parlare con un nostro esperto e otterrai uno sconto”), e lo fai apparire negli orari notturni o di domenica, anche questo non va bene.

Perché Google possa premiare le azioni di marketing, e di conseguenza le aziende che le hanno predisposte, è necessario che ogni campagna, testo, immagine sia orientata con scrupolosità laser per essere il più utile, immediata e affascinante possibile verso chi si collega a Google per le sue ricerche.

Nel mondo degli e-commerce questa scrupolosità ha il significato di minori costi pubblicitari e maggiori vendite.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

Scopri di più sul "Focus del mese"

4 risposte a “Web marketing: come pagare di meno Google ma vendere di più online”

  1. Ruggero Vasari ha detto:

    esatto, è quello che sempre ho pensato ma non fatto

    • Lorenzo Lo Vecchio ha detto:

      Grazie Ruggero per il tuo contributo. Il problema è che avrebbero dovuto darti una mano nell’applicarlo.

  2. SAULLE ROBERTA ha detto:

    BUONGIORNO VORREI SAPERE DI PIU,GRAZIE.E COME E IL FUNZIONAMENTO PER METTERE PIU IN VISTA LA SOCIETA’.
    GRAZIE

    • Lorenzo Lo Vecchio ha detto:

      Buongiorno Roberta. Come abbiamo scritto in un precedente editoriale del nostro Magazine, è necessario partire dagli obiettivi. Esistono tecniche ferree da utilizzare, ma le strategie sono diverse da azienda ad azienda. Bisogna studiarle sulla base di dati scientifici di cui Google è in possesso e che mette a disposizione di chi vuole investire sul motore di ricerca. Come ho scritto nell’articolo, Google non è un ente di beneficenza. Al contrario è una macchina da soldi. Nel 2021, ultimo dato disponibile, ha fatturato 257 miliardi di dollari con un utile netto di 70 miliardi. Tuttavia l’errore più grave (sul quale la maggior parte delle web agency gioca a danno delle imprese) è che basti mettere un po’ di soldi su Google ed il risultato di visibilità e di vendite online si materializza come per magia. Purtroppo è una convinzione anche di alcuni imprenditori che, in questo modo, gettano sacchi pieni di denaro dalla finestra dei loro uffici. In ogni caso, se gli investimenti sono necessari, è altrettanto necessario che lo scambio di favori con Google sia ben calibrato perché non sia soltanto a suo vantaggio. Dunque, se Google chiede denaro, bisogna consentirgli di restituire denaro. Molto di più di quanto non si sia investito. Per raggiungere questo obiettivo, l’unica strada è quella di facilitarlo concedendogli l’accesso a tutte le informazioni per lui necessarie, con un linguaggio che lui sia in grado di interpretare con la massima precisione. Ti scriverò personalmente per entrare più nel vivo della tua situazione personale.

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