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Vendite online: il grande caos che le imprese non conoscono

Google si è trasformato da motore di ricerca a ecosistema pubblicitario, dove in cima ai suoi interessi non ci sono più le aziende ma la user experience

Per l’argomento che trattiamo qui oggi, d’importanza basilare per tutti coloro che vogliono vendere online, si dovrebbero scrivere intere enciclopedie, perché è quanto mai complesso e articolato. Basti pensare che, sebbene l’e-commerce sia ormai indispensabile per ogni tipo di azienda, sia B2B che B2C, nel mondo delle vendite online non esistono regole certe per esplodere con nuovi fatturati. Esistono solo regole per ottenere il miglior risultato possibile. Il motivo per cui nulla può essere dato per certo deriva dal caos in cui le imprese sono obbligate a destreggiarsi. Una sorta di rivoluzione permanente di cui il principale artefice è Google. Tra poco ne comprenderemo il perché. Nelle prossime righe vedremo anche come gli e-commerce ne vengono coinvolti e come uscire dal grande magma confusionale.

Un amico difficile

Nella breve premessa a questo articolo del Magazine di evoluzionecommerce ho accennato alla complessità dell’argomento di cui ci stiamo occupando.

Per evidenziare questo aspetto, sono partito da una contraddizione e cioè che, benché il mercato online non possa essere più trascurato da alcuna impresa, nessuno può promettere risultati certi. Ammenochè non sia in malafede.

Ma c’è una seconda contraddizione che è ancora più pesante della precedente. E cioè che, per vendere online con un proprio e-commerce, non si può prescindere da Google.

Difatti il motore di ricerca è colui che indirizza questo o quell’acquirente verso questo o quel negozio online. È Google che decide chi può vendere e chi no.

E la contraddizione sta nel fatto che proprio Google, che dovrebbe essere il migliore amico di chi vende su Internet, è anche colui che ne complica maggiormente la vita. Lo dimostreremo a breve.

Google è molto diverso da quello di qualche anno fa. Forse solo di due anni fa. Il processo della sua evoluzione deriva dalla sua quasi maniacale, ma pienamente giustificata, ricerca della perfezione.

Per questo motivo pretende perfezione anche da chi si affida a lui per vendere online. Sia con annunci sponsorizzati, sia tentando una scalata organica alle prime posizioni delle sue pagine di ricerca (SERP).

È bene che gli imprenditori sappiano che:

  • laddove precedentemente gli e-commerce sentivano la necessità di esprimersi con un design “fantasioso”, oggi è necessario esprimersi con una struttura che scientificamente esamini il potenziale cliente e ne soddisfi le esigenze;
  • laddove si sentiva la necessità di promuovere le vendite con l’utilizzo delle parole-chiave, oggi alla base della crescita di un negozio online c’è un mix di contenuti e di ricerca.

Questo è quello che vuole Google. Per essere più chiaro su questi due punti:

  • l’intento di Google è quello di essere capillare nelle risposte che offre agli utenti, che lo interpellano prima di un acquisto (stiamo parlando di e-commerce, ovviamente). Per questo motivo pretende che le aziende da segnalare si rivelino realmente utili a questo suo scopo (cliente-centriche).
  • per essere congruo alle necessità degli utenti, Google non può più limitarsi a restituire informazioni sulla base di una richiesta semplice (parola-chiave), ma deve organizzarsi per decifrare richieste molto più articolate (frasi – interi periodi).

Questo vuol dire che ogni improvvisazione, ogni inutile creatività deve lasciare il campo allo studio delle nuove logiche di comunicazione e di azione di cui Google è affamato. Logiche che sono in permanente trasformazione. E, tra poco, vedremo come sia possibile nutrirlo.

Se dapprima alle imprese era sufficiente rivolgersi a una web agency per creare il proprio e-commerce, oggi Google pretende competenze che interpretino e seguano la sua continua evoluzione.

Come dire che Google può essere veramente amico degli e-commerce presenti su Internet, ma chiede il dovuto rispetto.

Le manovre di Google

Come detto, Internet non è più quello di due anni fa. Ci stiamo affacciando su un mondo del tutto nuovo. Ed è bene rendersene conto prima di molti altri, se si vuole avere successo più di altri.

Qui non si tratta di anticipare i tempi, ma di capire che i tempi sono già cambiati e che è necessario che le aziende si adeguino.

Ovviamente, non sto parlando di Pandemia, di cambio dei costumi di acquisto, di nuovi strumenti di navigazione e tanto altro. Tutti argomenti ormai triti e ritriti, ed anche già superati.

Parlerò invece del caos magmatico creato da Google, la cui continua evoluzione (lo ripeto) è alla costante ricerca della perfezione. E, per questo motivo, è in continua mutazione e non si fermerà mai. Ecco perché lo descrivo un magma.

Partiamo dal presupposto che Google non è più un semplice motore di ricerca. Google è un sistema di informazioni che acquisisce da Internet, le inscatola per argomenti e sotto-argomenti, le estrae alla bisogna, le confronta tra loro, le seleziona e, alla fine, le ripropone a chi ne fa richiesta sui diversi strumenti di cui si è dotato.

Parlo dei canali di Ricerca, di Immagini, di News, di Discover, di YouTube, di Gmail, di Maps, di Play, di Shopping ed altro ancora. Google è diventato un eco-sistema che spazia un po’ ovunque mettendo in comunicazione tutti i suoi canali.

Quando un utente fa una ricerca, Google apre la varie scatole ed estrae soltanto le informazioni (chiamiamole schede) che, messe insieme, possono fornire a quell’utente una risposta concreta, che soddisfi appieno le sue esigenze.

Gli apre anche dei box di approfondimento, sebbene non richiesti.

Per un’azienda, dunque, il problema principale è quello di essere all’interno di quelle scatole con la propria capacità comunicativa, ma soprattutto di essere convincenti perché Google estragga dal cassetto proprio le informazioni (schede) che la riguardano. Per poi proporle ai propri utenti.

Peraltro, è evidente che nel cassetto di ciò che concerne quell’azienda, ci sono anche tante altre informazioni che sono prodotte da aziende concorrenti. Tra poco vedremo come questo problema possa essere superato.

Soffermiamoci, per il momento, alle grandi manovre che Google mette in atto per fornire una semplice risposta all’interrogazione di un utente. Se comprendiamo le sue logiche, poi riusciremo anche a capire come fargli accettare un dialogo con noi. In questo caso con il nostro e-commerce.

Google, oggi, offre ai suoi utenti la possibilità di effettuare ricerche molto accurate per ottenere risposte altrettanto mirate alle loro esigenze. Per questo è possibile effettuare ricerche con intere frasi o periodi, anche parlando mediante il microfono del proprio telefonino, tablet o computer: ricerche vocali.

Le risposte di Google, dunque, devono partire dall’interpretazione di ciò che l’utente chiede e lo fa mediante una intelligenza artificiale (AI), in grado persino di riconoscere l’utente stesso, il suo carattere, le sue esigenze.

È un’intelligenza così raffinata che per una medesima ricerca, effettuata da due utenti diversi, può fornire risposte differenti a seconda che le ritenga più utili per l’uno o per l’altro. Spesso interpretando le loro emozioni.

Faccio una breve parentesi: annotatevi bene questo termine “emozioni”. Perché ci tornerò alla fine di questo articolo e non sarà facile accettarlo.

Insomma, Google è diventato un ricettacolo di informazioni infinite che dentro al motore di ricerca costituiscono una massa magmatica dove Google stesso cerca di fare chiarezza, organizzandole. Decidendo poi quali utilizzare, a chi e dove presentarle.

È un sistema così complesso che gli informatici stessi di Google non sanno descrivere e tanto meno immaginare quale sarà il punto di arrivo. L’evoluzione di Google è un caos rivoluzionario in cui, giorno dopo giorno, si studiano nuovi algoritmi per ottimizzarlo.

È una complessità che coinvolge l’utente stesso, perché Google è così meticoloso nel fornirgli il massimo supporto possibile che, molto spesso, lo inonda anche di comunicazioni che gli fanno perdere l’orientamento dalla sua esigenza primaria.

Per essere più chiaro su questo punto, faccio l’esempio di un tifoso di calcio che si reca per la prima volta allo stadio. Io sono di Milano e, per questo, il mio esempio è per lo Stadio di San Siro.

Il nostro tifoso vuole capire quali mezzi lo portano allo stadio e quindi apre il suo smartphone, clicca sul microfono e recita a Google “Stadio di San Siro”. È una richiesta semplice, su cui gli ritornano una marea di risultati.

E, in particolare:

  • non si chiama più San Siro, ma Giuseppe Meazza;
  • quando e perché è stato cambiato il nome;
  • la zona in cui si trova;
  • i costi di costruzione;
  • le fotografie di un tempo e quelle odierne;
  • le squadre che ci giocano;
  • gli articoli più recenti pubblicati sui giornali;
  • i mezzi che lo raggiungono e la viabilità;
  • la storia e le gesta di Peppino Meazza;
  • il commissariato e gli ospedali più vicini;
  • il booking degli hotel e dei ristoranti del circondario;
  • dove acquistare i biglietti;
  • i luoghi turistici per visitare Milano.

E molto altro. La stessa cosa accade se volesse cercare Nike, Spaghetti o qualsiasi altra cosa gli venga in mente. Pur essendo deciso su una sua ricerca, l’utente si trova di fronte ad una vastità di informazioni che rischia concretamente di allontanarlo dal suo intendimento iniziale.

Per un’azienda, trovarsi all’interno di questo marasma di comunicazioni e ottenere la migliore attenzione da parte dell’utente non è affatto facile. Tuttavia è di capitale importanza, quindi è necessario affrontare il problema con la dovuta serietà e competenza.

In caso contrario, ogni progetto online sarà sempre perdente ed avrà come conseguenza inutili perdite di risorse finanziarie.

Fruibilità, pertinenza, autorevolezza

Come si può bene comprendere, se è vero che per vendere online Google è imprescindibile, è altrettanto vero che per costruire un e-commerce, che sappia dialogare con lui, non può più essere sufficiente una bravo web designer o una semplice SEO (Search Engine Optimization).

Il problema delle aziende che vogliono, anzi devono vendere online è quello di inserirsi nel caos, pur emergendo rispetto a tutti gli altri competitor che presentano gli stessi prodotti e servizi.

Ci riesce chi sa farsi prendere per mano da Google ed essere presentato a quegli utenti che vengono identificati anche come potenziali clienti.

Per fare questo, nessuno pensi che Google possa essere preso in giro. Le sue difese sono invalicabili. Nessuno pensi che gli articoli di un blog o i link su determinate parole-chiave possano ingannare il motore di ricerca.

Il punto è, invece, che se Google ha fame di precise informazioni, bisogna nutrirlo con quelle che lui ritiene più utili. Ma per raggiungere questo scopo non si deve strutturare l’e-commerce in funzione di chissà quale compiacenza o servilismo.

La verità è che per Google l’obiettivo primario è l’utente, quindi l’utente deve essere l’obiettivo primario anche dell’e-commerce. In tutte le sue parti.

Per essere più chiaro su questo punto, non servono più, anzi sono diventate dannose, tutte quelle pagine e schede-prodotto che sono introspettive, cioè che parlano di se stesse e delle rispettive aziende.

  • Google chiede alle imprese di dimostrargli la fruibilità dell’e-commerce, tale che l’utente possa giovarsi di una user experience (UX) di eccellenza. Ha gli strumenti per controllarne l’efficacia;
  • Google chiede alle imprese che tutto quanto possa attirare utenza, quindi clienti potenziali, abbia la massima pertinenza con le ricerche di quel determinato prodotto o servizio che viene messo in vendita. Ha gli strumenti per verificarne la veridicità;
  • Google chiede che tutti i contenuti presenti in un e-commerce siano caratterizzati da autorevolezza e originalità, senza scopiazzare a dritta e a manca, ma anche identificandone l’autore e le sue competenze. Ha tutti gli strumenti di indagine necessari.

E non solo. Ci sono squadre composte da decine di migliaia di persone, i cosiddetti quality raters, che classificano ogni giorno quanto viene pubblicato su Internet, stilando un ranking di affidabilità e reputazione anche per quanto riguarda gli e-commerce.

Dunque, dobbiamo parlare di “scopo benefico” degli e-commerce, laddove non si intende una erogazione di fondi, ma di informazioni e caratteristiche che siano utili per chi li visita e che risolvano una loro esigenza.

Di questo ha fame Google e di questo bisogna nutrirlo. Chi lo fa si stacca con un enorme vantaggio su una concorrenza molto meno attenta al nuovo ambiente in cui sta giocando la sua partita.

Conclusioni

E chiudo questo articolo di oggi, tornando a bomba.

Ho iniziato nelle premesse dicendo che avrei trattato un argomento molto complesso. Ho cercato di limitare al minimo le caratteristiche tecniche e strutturali che deve assumere un e-commerce, per essere riconosciuto e aiutato da Google per vendere online.

Ciò senza alcuna differenza tra aziende in testa alle SERP (Search Engine Results Page) come sponsorizzate o per scalata organica.

Mi sono concentrato più sulla parte concettuale, che serve agli imprenditori anche per capire come primeggiare su una concorrenza rimasta indietro di anni luce.

Vendere online è un lavoro che ha necessità di essere affiancato da una grande serietà, da uno studio continuo e dall’applicazione sistematica di regole in continua evoluzione. Peraltro si tratta di regole che non sono per nulla semplici da adottare.

L’e-commerce non è più un catalogo sul web, sorretto da qualche campagna pubblicitaria. L’e-commerce è l’interpretazione di un mondo nuovo che, pur essendo informatico, prolifera sulle emozioni.

L’e-commerce deve capire, prima, e intercettare, poi, qual è l’emotività che spinge all’acquisto la sua clientela. Restituendo proprio quelle emozioni, gli consegnerà su un piatto d’argento i contenuti e le risorse necessarie per soddisfarlo. L’e-commerce è diventato psicologia di vendita allo stato puro.

Operando in questo modo e seguendo questa logica, anche Google lo apprezzerà moltissimo.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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2 risposte a “Vendite online: il grande caos che le imprese non conoscono”

  1. Agatino ha detto:

    Bravissimo

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