Le vendite su internet non sostituiranno mai quelle di tipo tradizionale. Ma molti clienti le richiedono, in qualsiasi settore, sia b2c che b2b. Per questo abbandonano chi non gli offre questa opportunità.
In questo post di oggi sto per rivelarti una parolina magica (probabilmente già nota a molti, quindi tanto magica non è), l’unica che sia assolutamente necessaria per avere successo anche su internet. Per vendere online.
Tuttavia, permettimi di prendere questo discorso un po’ alla larga, partendo da un’esperienza personale. Difatti, se oggi mi trovo a scrivere con tanta passione su internet è perché dai primi Anni 70 svolgo la professione di giornalista.
Sono tanti i settori dell’informazione che mi hanno coinvolto con gioia ed interesse, ed oggi è quello che riguarda tutto il complesso ma entusiasmante mondo dell’online.
Nel corso della mia attività giornalistica ho lavorato per diversi editori e ho scritto su diverse testate, accomunate da un unico, imprescindibile, impositivo leit-motiv: vendere, vendere, vendere.
Non conosco una sola testata giornalistica, ancor oggi, che non tracci grafici giornalieri, settimanali, mensili e annuali sull’andamento delle vendite e sulla conseguente attenzione del comparto pubblicitario.
Parliamo di giornali, radio, tv e web. Per tutti è la stessa cosa.
Ed arriviamo dunque alla parolina “magica”, con la quale tutti i media tendono ad avere successo: si chiama “pubblico”. Da non confondere con l’audience, che ha invece un valore prettamente numerico.
Nel settore del giornalismo, chiunque affermi di essere indipendente è falso. Se non dipende dai partiti, dalle lobbies, dai singoli imprenditori, dipende dal suo pubblico.
Ognuno cerca di ritagliarsi la sua fetta di mercato, scrivendo ciò su cui i profilati lettori (includo anche video e audio) vogliono essere informati con quel tipo di informazione che più gradiscono.
Dal gossip alla scienza ognuno si è ritagliato la sua fetta di pubblico e a quel mercato si rivolge, dopo avere esaminato a fondo cosa dire e come pubblicare.
Non è un caso se la pubblicità del Crodino è carica di ironia (lo scimmione che parla in romanesco), mentre quella del Campari invita alla spensieratezza (amici che si ritrovano in effervescente allegria). Sono due tipi di aperitivi con due pubblici che tra loro si differenziano per carattere e abitudini. Tutto studiato a tavolino.
Non ci sono ideali nel mondo della comunicazione. Semmai esistono nicchie di persone che credono in un ideale. Ed è per questo che c’è chi glielo vende.
Ora, se ti chiedi perché su un blog che parla di e-commerce io mi sia messo a scrivere tutto questo e a cosa ti può servire quello che ho scritto, la risposta è molto chiara: quello che vale per giornali, radio e televisione vale anche per il web. Non cambia nulla.
Se vuoi vendere online, devi sceglierti un pubblico che ti segua, che si aspetti da te una comunicazione per lui interessante e che soprattutto non lo deluda.
Ci sono e-commerce che sono adatti al grande pubblico (come esistono canali televisivi nazionali con audience particolarmente corpose) e ci sono e-commerce adatti ad una nicchia di clienti affezionati e ugualmente stimolati.
Non cambia nulla.
imprenditori felici e
imprenditori nel buio
Sul web esistono due grandi famiglie di imprenditori:
Nella prima famiglia, quella degli e-commerce già esistenti, ci sono due sotto-categorie: quella degli e-commerce che vendono e quella degli e-commerce che non vendono.
La prima vive felice, la seconda è profondamente imbarazzata. Come se navigasse alla deriva.
Non sa se ha fatto le scelte giuste, non capisce perché molti suoi concorrenti vendono online, ha il dubbio (più che concreto) di essersi affidata alle persone sbagliate, teme di gettare altro denaro in operazioni senza ritorno.
Questa è la posizione più pericolosa. Purtroppo è anche la più comune, perché da anni intorno alle vendite online si sono creati manipoli di smanettoni, anche sotto forma di web agency, che hanno creato solo danni.
Creare e fare funzionare gli e-commerce è un “mestiere” molto diverso da quello del web designer o del marketer. In pochi l’hanno capito e in pochi si sono dedicati a studiarci sopra.
Nella seconda famiglia, invece, ci sono altre due diverse sotto-categorie:
Anche in questo caso, la prima vive felice. Ma a differenza dei precedenti imprenditori felici è soddisfatta perché si accontenta di ciò che ha o perché è arrivata ormai alla fine della sua vita imprenditoriale.
Non ha più voglia di investire, non ci sono figli o nipoti disposti a seguire quello che lui ha costruito. E chi se la compra la sua attività? Il suo ruolo non è trasferibile: l’azienda è lui. Quando si ritira, finisce tutto.
Atteggiamento pienamente comprensibile.
La seconda famiglia, invece, naviga nel buio. Pensa che aprire un e-commerce non è cosa obbligatoria (ed ha perfettamente ragione) ma non è consapevole che invece è una evoluzione indispensabile.
Non obbligatorio ma indispensabile. Lo è perché è il suo stesso “pubblico” a richiederlo. Sia nel b2c che nel b2b.
Sono molte le aziende che, a causa di questa visione piuttosto contratta del proprio lavoro, stanno perdendo clienti su clienti, quelli che fino ad ora ho chiamato “pubblico”.
una perdita costante
del fatturato
Parlavo proprio l’altro giorno con un grossista di ferramenta, preoccupato perché una gran parte dei suoi clienti abituali hanno fortemente ridotto gli ordini. Ogni mese perde circa un 3% del suo fatturato.
Mi diceva scoraggiato: “Adesso perfino quelli che vendono le viti vogliono approvvigionarsi ordinando online!”.
Certo che è così. Hanno imparato ad acquistare su internet durante la pandemia, lo fanno quando nel negozio non ci sono clienti, oppure la domenica o la sera. Non devono ricevere l’agente, gettando l’occhio sui cataloghi tra un cliente che entra in negozio ed uno che passa alla cassa.
È comodo e quindi non ci rinuncia.
Per questo affermo che aprire un proprio e-commerce non è obbligatorio ma indispensabile. Lo è anche se gli affari vanno bene con i metodi di vendita tradizionali. È un rimedio sul presente e un’assicurazione sul futuro.
L’e-commerce non sostituisce le vendite tradizionali, ma immediatamente deve affiancarle. I clienti persi non si recuperano più.
Prima o poi i clienti se ne vanno, anche se sono affezionati a te, perché tu non gli hai dato quello che il tuo pubblico vuole: avere la possibilità di comprare anche online.
È come se un tabaccaio decidesse di chiudere anche di sabato. È una sua scelta, ma una corsa è certa: anche di sabato c’è gente che vuole comprare quello che un tabaccaio vende. E non parlo solo di sigarette.
Se tu sei chiuso, stai pur sicuro che entra nel negozio del tabaccaio più vicino, tuo concorrente diretto. Cliente perso.
Se il tuo mestiere è vendere, devi sapere cosa il tuo pubblico pretende da te. Forse non puoi accontentare tutti, e allora scegliti una nicchia da non lasciare inoperosamente nelle mani della concorrenza.
A questo punto, se sono riuscito a convincerti che i migliori venditori, anche sul web, sono quelli che sanno accontentare il proprio pubblico, non rimane che un ulteriore importantissimo passo: individuare chi è il tuo pubblico e cosa vuole da te.
A dirla così, sembra una banalità. Anzi c’è sicuramente chi pensa di avere in mano le redini dei propri clienti.
Magari è così, ma per esperienza posso dirti che il pubblico del web si comporta con reazioni e richieste molto diverse dal pubblico tradizionale.
Ciò che cambia è il modo di approcciarsi ad un acquisto.
Nel b2b la scelta e la quantità dei prodotti in catalogo non è favorita dalla presenza di un agente. Chi acquista è da solo a decidere il quanto e il cosa.
Nel b2c c’è un aspetto umorale che può modificare una decisione all’acquisto da un secondo all’altro: un bimbo che piange, un collega che “rompe”, un’auto che strombazza. E tu hai perso la tua vendita.
Se vuoi accontentare il tuo cliente e, di conseguenza, vendere online, lo devi conoscere alla perfezione, devi evitare che i tuoi concorrenti siano più bravi di te nel catturare la sua attenzione, devi pubblicare contenuti che lo affascinano.
E nel b2b devi essere pratico, efficace, direi quasi “maneggevole”, anche se il termine è improprio.
Non credere che i media che ti ho citato (giornali, radio, televisioni) non abbiano piena consapevolezza di chi sia il loro pubblico di riferimento.
Squadre di operatori del marketing sono al lavoro ogni giorno per definire il mercato su cui porsi e per controbattere le mosse della concorrenza.
Lo stesso fanno le grandi aziende, quando devono impostare una campagna pubblicitaria. Se “toppano” il bersaglio, se sbagliano i contenuti sono fior di milioni che se ne vanno all’aria. Come ti ho detto citando Crodino e Campari.
Peraltro, siamo in un momento in cui il mondo della comunicazione sta cambiando, proprio in virtù dei cambiamenti generazionali di chi acquista e dei loro nuovi costumi.
Su internet bisogna fare la stessa cosa, pur senza dovere spendere così tanto denaro. Bisogna cominciare a conoscere il proprio pubblico, come viene conquistato dalla concorrenza, come potere presentare contenuti migliori (senza scadere nella battaglia del prezzo).
Gli e-commerce non sostituiranno mai le vendite tradizionali, ma è indubbio che le vendite online si affiancheranno sempre di più al mercato tradizionale, divenendo sempre più indispensabili, anche per chi ancor oggi si oppone con una strenua resistenza.
È un atteggiamento perdente.
Penso che gran parte di chi mi sta leggendo tra poco se ne vada in vacanza. Giustamente. Tuttavia un angolino della mente andrebbe dedicato a quello che io ho appena scritto.
Giusto per rifletterci sopra un po’.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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