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Un sito ecommerce conviene o è una minaccia?

La discussione è atavica: l’ecommerce è un’opportunità o una minaccia? A mio avviso è entrambe le cose. Ma c’è un terzo elemento che grava ancor di più sull’evoluzione di una attività di vendita online: l’ecommerce è un dubbio da risolvere in fretta. Questi i pro e i contro nella mente di un imprenditore. A favore […]

La discussione è atavica: l’ecommerce è un’opportunità o una minaccia? A mio avviso è entrambe le cose. Ma c’è un terzo elemento che grava ancor di più sull’evoluzione di una attività di vendita online: l’ecommerce è un dubbio da risolvere in fretta.

Questi i pro e i contro nella mente di un imprenditore. A favore dell’ecommerce giocano:

  • il desiderio di conquistare un mercato in forte espansione,
  • la paura di restarne fuori,
  • l’ipotesi di una riduzione drastica delle vendite tradizionali.

Contro l’ecommerce gioca invece:

  • la scarsa conoscenza delle nuove logiche di vendita,
  • i fallimenti delle web agency,
  • il timore di una scelta sbagliata.

Per ogni atteggiamento pro e contro l’ecommerce, ho voluto prendere tre macro tematiche che qui, a evoluzionecommerce, mi trovo a dovere affrontare tutti i santi giorni. Cerco di svolgerle una per una.

Si tratta di un percorso mentale più che comprensibile e condivisibile, visto che spesso un ecommerce può determinare il futuro e il presente di attività che non necessariamente debba essere in crisi.

il desiderio di conquistare
un mercato in forte espansione

Ricordo i primi tempi in cui mi ero approcciato al settore del web. Erano gli Anni 90 e dovevo spiegare alle aziende quanto si potesse risparmiare con un indirizzo email per inviare messaggi, preventivi e quant’altro.

Per tutto questo, allora, si usava solo il fax con evidenti costi di linea telefonica urbana e interurbana.

Proprio così. La mia società vendeva indirizzi email, prima ancora di realizzare siti web.

In pochi sapevano cosa fosse internet e in pochi capivano anche la facilità di comunicare attraverso delle pagine online.

Ciò che mi agevolò moltissimo furono i primi cartelloni pubblicitari e i primi spot televisivi, in fondo ai quali (sia pure in piccolo) apparivano i primi indirizzi www.

La gente si chiedeva che cosa mai fossero, così davanti a me si spalancò una strada. Tutti volevano il loro www.

Ho portato questo esempio, perché oggi la storia sembra ripetersi.

Carta stampata, radio, televisione e, ancor più, i nuovi media digitali invitano ad acquistare online, declamano i loro ecommerce, modificano prodotti e offerte alla velocità della luce.

A questo stimolo puramente emotivo, si aggiunge una realtà sotto gli occhi di tutti. Si chiama smartphone o, più volgarmente, telefonino.

Ogni giorno, ogni ora, in qualsiasi situazione c’è gente che consulta, comunica, vende e acquista tramite quel piccolo schermo nelle mani di tutti.

Persino il Papa, il Presidente degli Stati Uniti e le grandi star dello spettacolo comunicano via web con i loro account su Twitter.

Si tratta evidentemente di un media immenso e ancor oggi in grande evoluzione anche in Italia, dentro cui si muove un mercato altrettanto grande di cui chiunque vorrebbe assicurarsene almeno una fetta.

la paura di
restarne fuori

Il commercio non sfugge ai cambiamenti di riti e abitudini.

Internet ha in sé diversi aspetti che ci stimolano a diventarne protagonisti. I social, come detto, ne sono un esempio.

Internet non è solo vendita, ovviamente, ma è soprattutto presenza.

Nessuno mi venga a dire che 10 anni fa qualcuno sentisse la mancanza di YouTube, di Facebook o di Instagram. Vivevamo benissimo lo stesso.

Eppure i social sono strumenti dai quali la maggior parte delle persone che abitualmente naviga su Internet non riesce a starne fuori.

Vogliamo esserne protagonisti. Commentiamo con i “mi piace”, con le faccine, con testi e immagini della nostra vita.

Nel settore degli ecommerce si aggiunge un elemento in più: temiamo di perdere un treno che ci sta passando sotto il naso.

E se vediamo che un nostro concorrente o qualcun altro, che fa il nostro stesso lavoro, è presente prima di noi e fa successo, cerchiamo subito di correre ai ripari: ci voglio essere anch’io. Adesso, prima che sia troppo tardi.

l’ipotesi di una riduzione drastica
delle vendite tradizionali

Il timore di restare fuori da un mercato in forte ascesa, ovviamente, non deriva solo da una reazione emotiva.

I nostri imprenditori sanno prendere decisioni ben ponderate.

Tra le più comuni c’è quella di aprire un ecommerce per contrastare una crisi più o meno latente, ma soprattutto per prevenirla.

Chi ha un negozio vede gli affitti che aumentano e i vicini che chiudono. È giusto spaventarsi ed esaminare così nuove strade di vendita.

Chi produce beni o servizi, parimenti, si accorge che i punti vendita diminuiscono di numero, che diventa sempre più difficile mantenere i propri clienti e acquisirne di nuovi in modo tradizionale.

Chi si avvale di una rete di venditori esamina la possibilità di ridurla, beneficiando sui costi, o di allargare il campo di azione (territorio) senza doverne selezionare di nuovi.

Spesso un ecommerce viene anche usato come supporto ai venditori stessi, offrendo a loro un plus in più rispetto alla concorrenza.

Tutto questo gioca a favore di una visione più serena del proprio presente e futuro.

Per molti imprenditori l’ecommerce non è solo un’ancora di salvataggio della propria attività, ma un’assicurazione a basso costo.

la scarsa conoscenza
delle nuove logiche di vendita

Con uguale franchezza cerco di sviluppare anche i motivi che tengono lontano una impresa dal realizzare un proprio ecommerce.

Più di una volta ci troviamo di fronte a persone che vorrebbero essere presenti nel mondo delle vendite online, ma che temono di non averne le competenze necessarie.

Queste persone hanno la mia massima stima, rispetto e considerazione.

Mi viene in mente di fare il paragone con una mia attività di volontariato che svolgo, purtroppo solo nel poco tempo libero che mi rimane a disposizione.

È un’attività che dedico al settore del pronto intervento sanitario. Siccome io non sono un medico, inizialmente ero terrorizzato dal dovere mettere piede su un’ambulanza e andare a sirene spiegate a prendere gente messa piuttosto male.

Non era il mio settore. Non l’avevo mai fatto. All’università avevo studiato tutt’altre materie.

Allo stesso modo il mestiere di un imprenditore non è mai stato quello di studiare le logiche di Google, il web marketing, le buyer persona, i contenuti SEO.

Non ho mai avuto fiducia nei tuttologi e nutro sempre rispetto per chi ammette di non sapere. Per questo, ci sono molte persone che hanno il timore di addentrarsi in qualcosa che non conoscono.

La scarsa conoscenza del mondo online è dunque un freno più che comprensibile e che si deve superare con l’affiancamento di persone esperte, ben lontane dall’idea di mollare i propri clienti per strada, una volta realizzato fisicamente l’ecommerce.

Un imprenditore sa ben distinguere un bravo consulente da un venditore di pagine online. Ha l’esperienza che gli serve per fare una selezione. È solo su questa sua capacità che deve fare affidamento.

i fallimenti
delle web agency

Un altro elemento che gioca contro la decisione di aprire un ecommerce sono le esperienze negative del passato e la consapevolezza che ci sono ecommerce che producono vendite molto vicine allo zero.

Questa è una piaga difficile da guarire, anche perché l’epidemia di web agency di scarsi scrupoli è ancora ben lontana dall’essere debellata.

Più o meno consapevolmente molte web agency sfruttano la buona fede del cliente che si affida a loro per costruire un ecommerce.

Più di una volta ho incontrato imprenditori che sono stati abbagliati da bravi venditori, ma che poi si sono rivelati cattivi partner.

È facile infarinare un po’ di nozioni e concetti tecnologici, miscelandoli come una ricetta di successo a chi poco conosce del mondo online.

Come ho detto precedentemente, il desiderio di essere presenti su questo mercato è molto forte, quindi sotto questo punto di vista l’imprenditore è piuttosto vulnerabile.

Vediamo tutti i giorni web agency promettere risultati miracolosi, farsi pagare dei bei soldini e sciorinare un ecommerce in pochi giorni su un template da 100 dollari.

Una volta realizzato l’ecommerce e incassata la fattura emessa al cliente per diverse migliaia di euro, poi questi designer spariscono nel nulla, non rispondono al telefono, si nascondono dietro al muro di una solerte segretaria.

L’imprenditore viene abbandonato a se stesso, con il suo bel ecommerce che ha pagato, con le campagne di marketing che non sa neppure come bloccare e con le vendite che non arrivano.

È un leitmotiv troppo consueto, per non inorridire ogni volta che viene raccontato.

Un ecommerce è un impegno non solo da parte di chi ne diventa proprietario ma anche da parte dell’agenzia che lo ha costruito. Soprattutto nel suo primo anno di vita.

Se per vendere online fosse sufficiente aprire un negozio virtuale, saremmo tutti miliardari. Ed evidentemente non è così che funziona.

Come ho più volte scritto sul blog di evoluzionecommerce, non è la piattaforma su cui edifichi il tuo ecommerce che ti fa vendere. Non lo è neppure la grafica. Piattaforma e grafica devono essere consequenziali ad un progetto e a una strategia di conquista del mercato.

Mettere in piedi progetto e strategia costa tempo, impegno, fatica e costanza da parte della web agency. Altrimenti l’ecommerce non avrà mai successo.

il timore di
una scelta sbagliata

Quanto ho descritto nei due precedenti paragrafi, cioè mancanza di conoscenza del settore online e superficialità di molte web agency mettono sul campo enormi dubbi sulla opportunità di aprire un ecommerce.

E allora non ci si chiede più quali siano i vantaggi o gli svantaggi di aprire un ecommerce o quali possano essere i costi e i ricavi.

Ciò che si percepisce è soprattutto la minaccia di una scelta sbagliata.

La preda è lì davanti, basta solo afferrarla, ma la paura di sbagliare il colpo diventa quasi insormontabile.

Diciamocelo chiaramente. Aprire un negozio online non è poi così costoso. Lo è ancor meno se si mette a confronto l’investimento necessario con quanto si spenderebbe per aprire un punto vendita fisico.

La proporzione è di 1 a 10.

Tuttavia, l’ipotesi di gettare al vento qualche migliaio di euro, giustamente, non piace a nessuno. Non si fa un investimento tanto per provare.

Certo ci sono diversi modi per approcciare il problema con un po’ più di serenità e con maggiori certezze. Magari ne potremo parlare in uno dei prossimi post.

Tuttavia io consiglio sempre i clienti di evoluzionecommerce di avvicinarsi alle vendite online con la massima calma, procedendo in un percorso di consapevolezza prima di prendere qualsiasi decisione.

Il desiderio di fare non deve sovrastare l’oculatezza nell’agire. Anche questo percorso rientra nel lavoro di una web agency prima ancora che il cliente abbia firmato una conferma d’ordine.

E se, alla fine, l’imprenditore non è convinto di aprire un ecommerce, meglio che ne rimanga fuori. Vuol dire che non è adatto a rivolgersi a questo tipo di mercato.

In ogni caso, prima o poi, una decisione va presa perché l’e-commerce, ormai, è un canale di vendita non più trascurabile per le nostre aziende. Soprattutto per le Pmi.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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