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Trend 2° trimestre 2020: negozi -75%, ecommerce + 26%

Contro il calo dei ricavi, anche le attività più tradizionali possono convertirsi alle vendite online. Il caso di un arrotino che ha sostituito internet al porta-a-porta. I rischi delle imprese b2b e i vantaggi di favorire la cultura del web.

Cosa aspetti? Questa è una frase fastidiosissima che sento spesso nelle pubblicità televisive. È l’incitamento a comprare l’inutile. Ma ogni regola ha la sua eccezione e, in questo caso, è necessario dirlo: cosa aspetti?

Cosa aspetti per fare cosa? A dare una svolta alla tua attività, a mostrarti sull’unica grande strada delle vendite (il web), a smetterla di seminare soldi sul tuo cammino, a farti superare dalla concorrenza, ad evitare che competitor minori conquistino sul mercato il posto che attualmente occupi tu, ad affidare nelle loro mani vecchi e nuovi clienti.

Quella delle vendite online è una strada senza ritorno, perché durante la pandemia la gente si è attrezzata per comprare sugli ecommerce e l’Italia si è messa alla pari di tutti gli altri Paesi più evoluti del mondo.

Anche dopo la fine dell’isolamento, il trend resta e resterà sempre quello di comprare online. Anzi, è destinato ad aumentare.

Sento più volte dire: sì, ma io non svolgo l’attività di commerciante, io non ho un negozio, io produco e vendo ad altre aziende. Oppure ancora peggio: la mia attività non è adatta per vendere online.

Oppure: ma io ho una rete vendita tradizionale, non posso inimicarmela avviando un ecommerce.

Oppure: ma io ho già aperto un ecommerce e non ho venduto niente.

Sono tutte obiezioni comprensibili, ma ciò che non è giustificabile è la mancanza di volontà nel volere approfondire quali possano essere le soluzioni al problema principale: c’è un consistente pericolo di una crisi economica e finanziaria personale e irreversibile.

Lo sa bene chi si è rimboccato le maniche per modernizzare la sua impresa e per conquistare nuovi clienti anche nel digitale, come è il caso dell’arrotino di cui parla il quotidiano Veneto e Economia.

L’arrotino è forse il mestiere artigianale per eccellenza. Chi (purtroppo) ha la mia età ricorda bene quando negli Anni 50 si affacciava nei cortili delle case è lanciava il suo urlo alle massaie. Arrivava a bordo di una bicicletta, attrezzata con una mola. Pedalava e la mola girava per affilare forbici e coltelli.

Oggi continua a girare di casa in casa, ma su appuntamento, prenotato e pagato anticipatamente sul suo ecommerce. Le sue giornate sono più produttive, senza tempi morti e senza il dubbio di non portare a casa neppure un euro.

Ha sostituito l’incertezza con la certezza del guadagno e ha valorizzato la sua professionalità: non è più lui che cerca il cliente porta a porta, ma è il cliente che cerca lui su internet.

Bravo questo piccolo ma capace imprenditore. Tanto di cappello per la sua intraprendenza. Quanti potrebbero fare come lui se solo non rinunciassero a priori ad esplorare una strada di crescita nel web?

Ci sono poi quegli imprenditori che ritengono che la crisi non li colpirà mai perché “non vendono al consumo”. Tuttavia vedono diminuire il loro guadagni e si lamentano: “Non è più come una volta!”.

Hanno perfettamente ragione: non è più come una volta, ma loro continuano a comportarsi “come una volta”. Boccheggiano galleggiando, se non quando addirittura di annegano.

Certo, nessuno ha la bacchetta magica. Chi lo afferma è un mentitore. Tuttavia è necessario avviare quanto prima un confronto per ragionare sulle possibili vie d’uscita o di prevenzione. È essenziale farlo con persone serie e di esperienza, ma senza preconcetti.

Infine ho accennato a chi ha già costruito il proprio ecommerce, ma ne è rimasto deluso. Questa è una situazione molto delicata, perché il rischio è quello di condannare l’efficacia delle vendite online, e non il proprio singolo ecommerce. 

Non è il sistema della vendite online che non ha funzionato, ma solo il proprio ecommerce e una inadatta strategia per affrontare il mercato. Questa volta la colpa non è dell’imprenditore, ma di chi lo ha affiancato nella evoluzione del suo progetto online.

Purtroppo ci sono migliaia di web agency improvvisate che combinano danni e fanno perdere fiducia nelle reali potenzialità di internet.

Un’ultima considerazione (ancora una!) devo riservarla a coloro che pensano di non dovere vendere online, in quanto il loro cliente non è il consumatore finale.

Ebbene, tutti noi siamo consumatori finali e lavoriamo per il consumatore finale. Ogni prodotto, gira e rigira, arriva al consumatore finale. Lo Stato lo sa bene, in quanto è l’unico al quale non è consentito scaricare l’IVA.

La crisi delle vendite al consumo, prima o poi, si riflette su qualsiasi attività produttiva, commerciale o professionale che sia

La rapidità e la comodità nelle transazioni, dunque, si riflette su tutta la filiera. Per questo ogni imprenditore dovrebbe, con il proprio esempio, incentivare la cultura degli acquisti online anche presso i propri clienti b2b, mettendo a loro disposizione strumenti di acquisto più in linea con il tempo che stiamo vivendo e con la trasformazione delle abitudini di acquisto.

Aprire un ecommerce oggi costa davvero molto poco. Costa ancor meno confrontarsi sull’opportunità di avviare questo strumento nel contesto della propria attività. O di farlo funzionare al meglio se già è stato avviato.

Bisogna soltanto avere la volontà di ricavarsi un piccolo spazio di tempo per ragionarci su un po’.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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