È in atto una guerra tra i grandi colossi del web. Cambiano gli strumenti con cui profilare le campagne di marketing. Ecco cosa è necessario fare per non rimanerne coinvolti.
La guerra è stata dichiarata. La guerra è in atto. La guerra rischia di mietere vittime tra tutti coloro che sono proprietari di un e-commerce.
Ma c’è una buona notizia: è possibile restare ai confini dei campi di battaglia e non essere coinvolti nelle Baruffe Chiozzotte di goldoniana memoria.
Procediamo un passo alla volta per spiegare il contenuto di questo post e per capire quanto sia grave non essere a conoscenza della guerra in atto. Poi ti fornirò anche le strategie per non rimanerne intrappolato.
La guerra è potentissima, perché lo scontro è in atto tra le quattro più grandi potenze che si trovano sul web. Vuoi i loro nomi? Eccoli: Google, Facebook, Apple e Amazon.
Siamo arrivati alla resa dei conti di uno scontro di lunga data. Nessuno dei “quattro grandi” è disposto a retrocedere di un millimetro e chi ne farà le spese sono coloro che sognano un mondo digitale indipendente, in cui vendere diventi sempre più facile.
È un sogno difficile da realizzare? No di certo, anzi non si può proprio parlare di sogni, ma di realtà a portata di mano da parte delle imprese di tutto il mondo e, quindi, anche di quelle italiane, sebbene queste siano tra le più pigre a intercettare i cambiamenti. Sia nel b2c che nel b2b.
da dilettanti dell’e-commerce
a professionisti delle vendite online
Come ho più volte scritto su questo blog, i nostri imprenditori hanno dovuto adeguarsi ai nuovi costumi di vendita, che non si sostituiscono in totum a quelli tradizionali, ma che via via li stanno surclassando.
Non è un caso che molte piccole realtà hanno già chiuso i battenti, sono fallite o hanno deciso di interrompere le loro attività commerciali, coinvolgendo in questo drammatico processo le imprese più grandi, loro fornitrici.
Sulle vetrine di quanti negozi vediamo ormai il cartello Affittasi o Vendesi, dietro una saracinesca abbassata?
Tuttavia, ormai, non è più solo il tempo di progettare l’apertura di un e-commerce. Chi non ce l’ha è inevitabile che, prima o poi, ne apra uno tutto suo. Resistere sperando che qualcosa cambi non serve a nulla.
Ma chi ce l’ha ha la necessità di un ulteriore scatto in avanti. L’e-commerce non è un giochino su cui investire qualche soldo, sperando che funzioni. Non lo è ancor più oggi, che i “quattro grandi” ci stanno spingendo verso tecnologie ben più avanzate.
Vendere online non è difficile, ma bisogna saperlo fare. E sarà sempre più facile vendere soltanto per coloro che avranno il coraggio, la voglia e la capacità di trasformarsi da dilettanti dell’e-commerce, in autentici professionisti delle vendite online.
Cosa sta succedendo, dunque? Sta succedendo che se due galli in un pollaio si prendono a beccate, fino a quando ne resta vivo uno solo, quattro galli non avranno pietà l’uno per l’altro tirandosi bordate di potenza atomica. E non importa chi ci casca dentro.
In un altro post di qualche mese fa, ne avevo già fatto cenno, ma oggi siamo alla resa dei conti, come mostra l’articolo, di cui riproduco titolo e sommario, pubblicato da Ilsole24ore.
Ovviamente, per gli argomenti che normalmente tratto su questo blog, non sto a definirti quale siano le funzioni di Google e di Youtube, oppure di Facebook e di Instagram.
Se pratichi internet non c’è bisogno che te lo ripeta.
Voglio invece ribadire quanto siano importanti gli strumenti che Google e Facebook hanno messo in atto per aiutarti a vendere online. Non lo fanno per grazia ricevuta, ma si fanno pagare profumatamente.
Ti chiedo di non pensare che ti stia parlando, molto banalmente, degli spazi pubblicitari e di annunci che sono a disposizione per chi ha necessità di evidenziarsi con azioni di marketing online.
Ti sto parlando invece degli strumenti analitici e di profilazione che ti sono necessari per impostare proprio le tue campagne di vendita.
Come certamente sai, quando ognuno di noi naviga su internet lascia tracce del suo passaggio, delle sue azioni e dei suoi stessi riferimenti privati. Siamo sinceri: la privacy esiste solo quando devi fare click per potere avanzare nella consultazione di un sito.
È un gesto che è diventato automatico e quasi inconsapevole da parte di chi naviga.
Google e Facebook sono maestri nell intercettare ogni nostro movimento, ogni nostra scelta, ogni nostra preferenza, ogni consultazione, ogni acquisto.
Certamente ogni volta che ti colleghi sul web ti sarà capitato di ricevere pubblicità per prodotti che hai visitato, pur senza acquistarli. Oppure di prodotti correlati.
Ciò lo si deve alle impostazioni che le aziende mettono in atto per una loro strategia di comunicazione, traendo i dati proprio da Google e da Facebook.
Ci sono differenze sostanziali tra i tracciamenti di Google e quelli di Facebook.
Detto in maniera molto elementare e senza entrare in tecnicismi, inutili allo scopo di questo articolo, il primo monitora l’andamento delle visite a un sito e il relativo comportamento del visitatore. Il secondo è più indirizzato a rivelarne la personalità, gli interessi, le abitudini.
È ovvio che la correlazione dei risultati tra questi due tracciamenti, e la conseguente comparazione dei dati, ci offre una panoramica piuttosto vasta e precisa di chi sono i potenziali clienti di un e-commerce, delle loro reazioni, dove, quando e con quali contenuti agganciarli.
Ma che interesse hanno Google e Facebook di permettere che qualcuno scambi i loro dati? Entrambe sono delle piattaforme che raccolgono pubblicità e, quindi, sono del tutto concorrenziali.
La battaglia tra i due colossi, contro l’interscambio dei dati in loro possesso, è già cominciata qualche anno fa. Tuttavia, chi sa ben costruire un e-commerce, sa anche come scrivere al loro interno apposite stringhe che aggirino questo problema.
ma ciò che si cova,
prima o poi viene a galla
e ad accelerare questo processo
ci ha pensato Apple.
Come certamente sai, con l’avvento degli smartphone le consultazioni su internet hanno goduto di una accelerazione assolutamente impensabile soltanto qualche anno fa.
L’altra sera, guardando in Tv la finale del Campionato Europeo di calcio, ho colto una inquadratura del Presidente Mattarella che ha sfilato dalla giacca il suo telefonino e si è messo a consultarlo.
Accanto a lui c’erano altre cinque persone che stavano facendo la stessa cosa. Tutte a guardare il loro smartphone. Un mondo di VIP ad un evento importante.
Senza andare a scomodare le autorità, se prendi un mezzo pubblico, se vai al ristorante, in un bar o per la strada, quante sono le persone che trafficano con il loro cellulare? Una infinità e di qualsiasi età.
Sono tutte persone connesse a internet per giocare, per informarsi, per comprare.
Va da sé che Apple ha immediatamente colto la svolta che Iphone e Ipad hanno impresso nei costumi della gente.
Ed anche Apple è gelosa dei suoi dati di tracciamento.
Già con il browser di Safari, chi si collega per navigare su internet deve dare risposta positiva alla richiesta del tracciamento dei propri dati. Se la risposta è negativa, il suo tracciamento (che pur esiste) viene lasciato anonimo.
Ma c’è di più. Sui cellulari di Apple, che sono i più diffusi al mondo, con il nuovo sistema operativo Ios14 ogni utente, che si collega a internet, è oggi obbligato a dare o negare il suo consenso al tracciamento.
Questo non significa che Apple non entra in possesso di questi dati (figuriamoci se ci rinuncia!), ma significa che Google e Facebook ne rimangono esclusi.
Presto altri sistemi operativi si adegueranno a questo tipo di esclusività delle informazioni.
Dunque, che cosa cambia nel mondo delle vendite online? Cambia tutto il sistema di impostare strategie di marketing vincenti. O meglio, cambiano gli strumenti con cui focalizzare le campagne.
Da oggi in poi non sarà più sufficiente analizzare i dati di Google Analytics o quelli rilasciati dal pixel di Facebook. L’e-commerce (aggiungerei…finalmente!) diventa uno strumento professionale, da gestire come una vera e propria attività indipendente dal commercio tradizionale.
Dove chi si approccia seriamente avanza, vende, fattura e guadagna. Dove i furbetti dal fai-da-te, quelli del “proviamoci”, quelli del “mi invento un mestiere”, resteranno inevitabilmente al palo.
la risposta di Amazon
A questo punto, non pensare che mi sia dimenticato del quarto contendente: Amazon. Da tempo Jeff Bezos (prima che i suoi interessi si siano rivolti ai viaggi turistici nello spazio) aveva capito quanto fossero importanti i dati di tracciamento.
Difatti, non solo non li ha mai resi noti a Google, Facebook ed Apple, ma addirittura non li rende noti ai suoi stessi fornitori, che restano totalmente all’oscuro della maggior parte delle informazioni relative ai loro stessi clienti.
Anzi, la maggior parte delle volte non ne conoscono neppure il nome. Vendono e non sanno a chi. Fa tutto Amazon. Anche nel portare via i clienti ai suoi fornitori, quando lo ritiene più opportuno.
Come ho sempre scritto su questo blog, vendere su Amazon o su qualsiasi altro marketplace è una follia per chi non è un venditore allo sbaraglio, ma ha in serbo il presente e il futuro della sua azienda.
Tuttavia, a mio modo di vedere, Amazon non resterà fuori da questa battaglia, perché le nuove politiche di Apple non sono state certo create per favorire le vendite di un colosso che è tanto potente, quanto scomodo e pericoloso.
Ecco, spero con questo mio articolo di averti dato informazioni utili sul futuro del tuo e-commerce. Se saprai sfruttare la trasformazione a tuo vantaggio, prima di ogni altro, sicuramente sottrarrai vendite alla concorrenza e acquisirai nuovi clienti nel giro di breve tempo.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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