Ogni giorno evoluzionecommerce riceve diverse email di persone che si schierano a favore o contrarie all’apertura e alla gestione di un e-commerce. Ecco alcuni tra i più significativi dei loro commenti. Traiamone insieme le conclusioni. Roberto (30 anni) ci scrive: “Voglio aprire una seconda attività senza rischiare un euro. Non so se l’e-commerce mi conviene”. […]
Ogni giorno evoluzionecommerce riceve diverse email di persone che si schierano a favore o contrarie all’apertura e alla gestione di un e-commerce.
Ecco alcuni tra i più significativi dei loro commenti. Traiamone insieme le conclusioni.
Roberto (30 anni) ci scrive: “Voglio aprire una seconda attività senza rischiare un euro. Non so se l’e-commerce mi conviene”.
Blodie (30 anni): “Vorrei aprire un e-commerce ma non so con quali prodotti, ma nessuno mi sa dire quali sono quelli certi e che vendono di più”.
Carmen (40 anni): “Ho aperto online una maglieria di intimo, mi sono costruita l’e-commerce da sola, spendo per Ads 10 euro al giorno. Finora registro 700 accessi e una sola vendita.”
Mister DRS: “Quali sono le soluzioni più innovative per vendere di più?”
Al2AS: “Vorrei aprire un e-commerce con circa 5.000 prodotti, ma sono confuso sulla piattaforma da usare. I pareri che ho ricevuto sono troppo discordi.”
Sara de R.: “Sinceramente mi sto dibattendo tra mille problemi. Da una parte non riesco a calcolare i margini netti, dall’altra ci sono alcuni fornitori che vogliono imporre i loro prezzi. Come ne posso uscire. Come calcolare bene i costi?”
Susan M.: “Voglio dedicarmi a un e-commerce tutto mio, ma non so se vendere corsi oppure prodotti. Nel secondo caso quale corriere mi consigli?”
Gudisso (52 anni): “Per vendere online mi sono affidato ad Amazon e pago per la pubblicità che Amazon mi consiglia. Da qualche settimana però i miei annunci non appaiono più e il Trovaprezzi è troppo sconveniente. Cosa devo fare?”
Capannella: “Ho fatto un e-commerce che mi sembra bellissimo. Pago un canone annuo di 2.600 euro. Navigo e vedo che tanti hanno il negozio come il mio. Non avrei il diritto di protestare?”
Mattia (39 anni): “Vendo medagliette personalizzate per animali domestici. Adesso voglio farlo anche su un e-commerce. Mi conviene andare su Amazon? Meglio vendere ai privati o ai negozi?”
Valery 72: “Mi hanno aperto un e-commerce concorrente con un dominio quasi uguale al mio. Come posso difendermi?”
Hoberdan: “Se l’Italia è un Paese di vecchi, perché dovrei aprire un e-commerce?”
Ovviamente sono molte di più le casistiche che evoluzionecommerce raccoglie dalle email che giungono sui nostri indirizzi di posta.
Qui ho voluto esporre quelle più significative (migliorandole anche un po’ nella forma grammaticale…), quelle che toccano gli argomenti più frequenti, quelle che siamo stati autorizzati a pubblicare, ma soprattutto quelle che esprimono dubbi.
Per tutte queste situazioni c’è una risposta, che è doverosa perché dal panorama di quanto ci viene scritto emerge un dato inconfutabile: intorno a come funziona un e-commerce di successo c’è una gran confusione.
Questo è il motivo principale per cui gli e-commerce che funzionano veramente bene, sono quelli che sono stati costruiti e si sono attrezzati a seguito di idee e strategie molto chiare. Gli altri, si perdono nella massa dell’improvvisazione.
Vediamo di condensare in poche righe le risposte che evoluzionecommerce ha inviato in modo più completo e dettagliato a chi ci ha scritto.
A persone che manifestano problemi come Roberto, Blodie, Susan e Mister DRS devo rispondere che, a seconda delle stagioni, delle mode, dei singoli eventi e di molte altre componenti ci sono prodotti e servizi più o meno ricercati.
Tuttavia la fortuna di un e-commerce non è assolutamente caratterizzata dalla classe merceologica di ciò che si vende, ma piuttosto da come si vende.
Capisco che questo concetto non sia del tutto facile da esprimere e da comprendere, per questo cercherò di spiegarmi meglio.
Difatti, prima di tutto ci si deve domandare se il prodotto o il servizio che si vuole vendere online abbia o non abbia un senso di stare su questo mercato.
Se la risposta è negativa, fermiamoci lì, perché non vale investire un solo euro.
Ma se è positiva, allora non fermiamoci affatto ma analizziamo a fondo il mercato di riferimento (concorrenti e clienti), le risorse che sono a disposizione (non soltanto quelle finanziarie), le strategie di marketing.
Se tu sei stato almeno una volta
tra quelli che hanno comprato online,
allora perché non vuoi essere
tra quelli che vendono?
Quando dico “non fermiamoci affatto”, lo dico perché sono convinto (e le esperienze accumulate in questo campo dagli Anni 90 ad oggi me lo confermano) che in quel caso l’e-commerce può essere una felice svolta o un congruo aiuto all’attività di tipo tradizionale preesistente.
Oggi tutti comprano online, i privati dal loro telefonino e le aziende da tablet e computer, quindi il campo degli e-commerce è sempre più vasto e gli spazi per occuparlo sono davvero tanti.
Quello degli e-commerce è un settore in forte crescita. Anzi è quello che nel 2018 è cresciuto di più. Lo vedremo in seguito.
A Roberto, tuttavia, devo aggiungere che nulla si ottiene con niente. Se fosse così, tutti saremmo proprietari di e-commerce e tutti saremmo milionari.
Quindi Roberto non è un imprenditore adatto ad aprire un e-commerce.
Per Carmen ho una risposta lapidaria. Se non sei un medico e vuoi curarti da sola, le tue probabilità di guarigione sono ridotte. Allo stesso modo, se non hai le basi per metterti a vendere online, non buttare neppure 10 euro al giorno dalla finestra.
Spendi qualcosa di più, fatti seguire da un consulente specializzato in e-commerce e alla fine potrai guadagnare dei soldi. Per spendere poco e non guadagnare niente, meglio non spendere.
Ad Al2As ho risposto che già abbiamo pubblicato dei post su questo argomento, quindi gli ho inviato il link dove trovarli.
A Sara dico che il punto non è quello di uscire dalle sue problematiche, quanto quello di esserci entrata. Sara, probabilmente, non ha mai elaborato un piano di vendita che sta alla base di un e-commerce prima ancora di scrivere una sola riga di codice, di avere scelto una sola foto o di avere elaborato un solo testo.
Lo so bene che la maggior parte delle web agency, pur di vendere qualcosa e in fretta, nascondono queste realtà ai loro clienti. Tuttavia la programmazione è un lavoro indispensabile, senza il quale nessun e-commerce, neppure il più stravagante o fortunato, potrà mai avere successo.
In questo caso, la colpa non è di Sara ma di chi l’ha mal consigliata. O non l’ha consigliata affatto.
A Gudisso e Mattia rispondo che sul capitolo Amazon ho già pubblicato altri due post, che puoi leggere se ti va, ma che riassumo in poche parole.
Amazon è bravissima a fare il suo mestiere e, di conseguenza, a fare concorrenza a chiunque voglia mettersi sul mercato online. Pertanto, chiunque voglia fare un investimento sulla propria attività, certamente non lo deve fare favorendo l’attività di qualcuno che ha come obiettivo quello di fargli concorrenza.
È il migliore regalo che si può fare ad Amazon ed il peggiore che si può fare a se stessi.
Per essere visibili su Amazon e, quindi, anche per vendere bisogna spendere. Allora è meglio investire per il proprio e-commerce e non per quello di proprietà altrui.
Inoltre a Mattia devo aggiungere che non credo che lui abbia forti marginalità su prodotti come i suoi. Quindi credo che sia molto meglio vendere ai negozi, dove lo scontrino medio è sicuramente più alto.
A Capannella e Valery devo dire che di siti fatti con lo stampino ce ne sono a migliaia. Così come di e-commerce. Forse la loro scelta iniziale è stata quella di spendere poco. Per questo i loro e-commerce sono stati realizzati su template, del costo di pochi dollari, facilmente replicabili.
Il sito di Rolex non è uguale a quello di Armani, quello del Campari non è come quello di Mercedes. L’elenco potrebbe continuare all’infinito.
Ora, proprio dove possiamo rappresentarci tutti con la medesima dignità (cioè su internet), perché fare la figura degli uomini piccoli, piccoli? Non è necessario spendere delle fortune per chiedere e ottenere l’eccellenza.
A Capannella inoltre devo aggiungere che se vuole fare della beneficenza può scegliere chi vuole. Certo non può e non deve essere un obbligo quello di pagare un canone annuo così elevato per il mantenimento di un e-commerce. Un sito o un e-commerce va pagato una volta sola, alla sua costruzione, poi basta.
Infine, la questione posta da Hoberdan è davvero curiosa. Prendiamo dapprima un dato europeo, di cui l’Italia fa parte. Il 31% delle vendite online non sono effettuate tramite i grandi e-commerce come Amazon, Alibaba o altri.
La fetta più grossa è quella dei piccoli e medi produttori.
Alla fine del 2017 aveva un valore di 35,1 miliardi di Euro. Nel 2018 ha avuto un incremento ulteriore del 21% (dato fornito dal Politecnico di Milano) e si prevede una crescita annua in doppia cifra fino al 2026.
Non so se l’Italia è un Paese fatto di vecchi. Per me l’Italia è un Paese di gente che sempre di più compra online.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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