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Negozi italiani su Amazon: è cominciata la grande fuga

Dopo quelle americane e i grandi brand, anche le PMI italiane hanno compreso l’alto rischio imprenditoriale e gli svantaggi di favorire la piattaforma di Bezos, a scapito di vendite online più remunerative e sicure su un proprio e-commerce.

Facciamo un po’ di controinformazione che, molto spesso, esprime quelle verità che la pubblicità, distribuita massivamente su radio e televisione, vuole nascondere.

Scrivo questo post, perché chiunque voglia vendere online possa decidere se la scelta migliore sia quella di affidarsi ad Amazon o aprire un proprio e-commerce.

In questo periodo Amazon ci sta bersagliando di spot pubblicitari che identificano due buone ragioni, verso il b2c per comprare e verso il b2b per vendere.

La prima pubblicità, rivolta evidentemente ai consumatori, è quella del “prezzi bassi”. È un messaggio inequivocabile, in quanto invita chiaramente a comprare su Amazon perché lì tutto costa meno.

Le seconda pubblicità è invece rivolta ai fornitori, cioè alle aziende che vogliono vendere online. Espone chiaramente che Amazon ha permesso alle nostre PMI di creare 50.000 nuovi posti di lavoro e di aprire nuovi uffici, magazzini ed altro.

Cominciamo per gradi. 

Se i prezzi bassi sono indubbiamente uno stimolo ad acquistare per chi non ha a cuore la qualità del prodotto, certamente questa politica entra fortemente in conflitto con il secondo tipo di pubblicità. 

Per le imprese che vendono su Amazon, il prezzo basso è sinonimo di minore marginalità. È anche sinonimo di debolezza commerciale. 

Se quello stesso prodotto fosse venduto da un proprio e-commerce e non da un e-commerce di proprietà di Jeff Bezos, molto probabilmente lui farebbe meno viaggi nello spazio, ma le imprese di tutto il mondo stringerebbero molto meno la cinghia.

Difatti, oltre alla politica del prezzo basso, le imprese devono sottostare al pagamento delle provvigioni che su Amazon, a seconda del prodotto offerto, vanno dal 8% al 16%.

Ma qui è d’uopo aprire una parentesi. Facciamo attenzione ai numeri. La provvigione viene calcolata da Amazon su quanto spende il consumatore e non sul costo del prodotto.

Non c’è bisogno di molti numeri per dimostrare quanto Amazon sia poco amica delle PMI

Mentre i suoi fatturati crescono a vista d’occhio (l’ultimo anno ha superato i 386 miliardi di dollari) e le tasse pagate continuano ad essere infinitesimali (a mio avviso è abbastanza logico parlare di concorrenza sleale); mentre i suoi dipendenti continuano a dichiarare di essere trattati quasi come schiavi (dormono in macchina pur di consegnare il più possibile), tra le PMI italiane avviene tutt’altro.

Lo scenario è completamente diverso.

Nel 2020 hanno chiuso 390.000 aziende, che certo non si sono salvate nonostante l’opportunità di vendere su Amazon, e Confcommercio prevede che altre 70.000 faranno la stessa fine nel 2021. Speriamo che non sia così.

Per questa forte discrasia tra chi guadagna e chi perde, le aziende di tutto il mondo hanno cominciato a capire dove sono i nemici e chi sono gli amici.

Se Amazon oggi si vede impegnata nel proclamare a gran voce la sua efficacia di vendita, è perché la fuga delle grandi come delle piccole imprese è cominciata.

Non è un caso che Jeff Bezos, ai primi di luglio, abbia ceduto il timone della sua azienda a tale Andy Jassy. Anche lui sembra avere capito che comincia la retrocessione.

Difatti, oltre a circa un milione di PMI in tutto il mondo, ed anche grandi marchi, hanno deciso di tirarsi fuori da Amazon, che oggi è tutt’altro che un indice di qualità.

Parlo di brand come Nike, Birkenstock, Vans, Ralph Lauren, Louis Vuitton, Patagonia, North Face e l’elenco sarebbe interminabile.

Amazon si affanna nel tentativo di frenare questa fuoriuscita di massa, che vede coinvolte anche le PMI italiane.

Ovviamente Amazon si guarda bene dal fornire i numeri negativi del suo business. Si premura di dirci che nel 2020 in Italia c’erano 18.000 imprese che vendevano su Amazon. Tutto vero. 

Ma non ci dice quante di queste la stanno abbandonando, a favore della costruzione di e-commerce propri per vendere online in modo indipendente. Si parla di circa un triplo di uscite rispetto alle entrate.

È i motivi sono davvero tanti e più che condivisibili. Li elenco brevemente:

  • politica dei prezzi bassi
  • alte commissioni
  • tutela del solo consumatore
  • resi senza motivazione
  • politica fiscale
  • costi pubblicitari
  • imposizione della logistica 
  • lista dei clienti
  • instabilità del business

politica dei prezzi bassi e alte commissioni

Su questo punto mi sono già espresso nelle precedenti righe di questo mio post, quindi è certamente inutile ritornarci. 

Voglio solo aggiungere che molte aziende, dopo avere fatto i conti a fine anno, si sono accorte di avere venduto perfino sotto costo.

tutela del consumatore

Per Amazon è importante chi compra e non chi vende. I fornitori si possono sostituire alla velocità della luce, ma la vera ricchezza di Amazon sta in chi acquista.

Per Amazon il consumatore ha sempre ragione. In realtà è giusto proteggerlo dalle truffe, ma non è giusto considerare il venditore, cioè colui che ti mette a disposizione i suoi prodotti, come una sorta di tacchino da spennare e cucinare a fuoco lento.

Al contrario gli interessi di Amazon non coincidono con gli interessi di chi si affida a lui per vendere. Anzi, in un certo senso Amazon si può definire un concorrente, che ha piena disponibilità strategica sui prodotti delle aziende che su Amazon vendono i propri prodotti.

Certo, Amazon ti permette di vendere, anche se sono molti quelli che ne sono rimasti delusi. In ogni caso non è un business su cui investire per costruire un futuro aziendale, come vedremo anche dai successivi passaggi, di cui sto per parlarti.

resi senza motivazione

Come detto, Amazon si schiera dalla parte del consumatore. Se un prodotto viene reso, non è neanche necessario esprimere una motivazione.

Anzi, spesso avviene che chi acquista utilizzi il prodotto per quanto gli serve e poi lo renda, chiedendone il rimborso, che in ogni caso gli è garantito.

Succede molto spesso che, per oggetti di poco valore, Amazon restituisca i soldi al consumatore, senza obbligarlo al reso.

Il tutto sulle spalle delle imprese che si sono affidate ad Amazon e che non si vedono liquidato ciò che non è stato neppure restituito.

Zitto e mosca, come si dice. Se protesti il rischio è che ti venga persino chiuso l’account. Quindi: vendite a zero.

politica fiscale

Amazon ha sede in Lussemburgo, quindi in Europa ha diritto di pagare zero tasse, nonostante l’Unione Europea l’abbia più volte ammonita e abbia concordato piccole transazioni.

Le statistiche, invece, ci dicono che le aziende italiane dedichino mediamente 240 ore del proprio lavoro (un mese intero) agli adempimenti fiscali, per ottemperare a 14 scadenze fiscali e, infine, lasciare sul campo circa il 60% dei propri utili commerciali.

Fortunatamente qualcuno ha cominciato a pensare che non sia del tutto conveniente continuare a finanziare una concorrenza che di leale sembra avere molto poco, benché rispetti pienamente le Leggi in vigore, che la favoriscono.

Amazon non è criminale. Fa solo il suo mestiere, che è quello di sbaragliare la concorrenza (brand grandi e piccoli), portando a casa il massimo degli utili.

Ciò che veramente è illogico, è favorire questo suo obiettivo.

costi pubblicitari

Cerchiamo di scendere subito dall’albero a contemplar le stelle. Se apri un tuo account su Amazon e non fai pubblicità a ciò che vuoi vendere, hai solo un risultato: non vendi.

Sono talmente tante le aziende di tutto il mondo che vendono il tuo stesso prodotto, che per vendere anche tu hai assolutamente bisogno di visibilità. Amazon non le chiama pubblicità, ma “sponsorizzate”. È la stessa cosa. Devi fare marketing, peraltro piuttosto costoso, perché non te la puoi cavare, aiutandoti con una strategia di comunicazione che ti favorisca.

Amazon non te lo permette. Su Amazon è più visibile chi più paga. E su questo punto torneremo anche nel paragrafo relativo alla logistica.

È anche vero che, se hai un e-commerce di tua proprietà, devi ugualmente investire nel marketing. Ma lo fai per te stesso, per la tua azienda, per il tuo futuro e non per quello di Amazon.

Perdipiù, come già detto, con un tuo e-commerce puoi impostare strategie di attacco al mercato, che non dipendano esclusivamente da quanti soldi stai spendendo per la pubblicità. 

Di questo ne ho già parlato in altri articoli del blog.

imposizione della logistica

Se ti metti a vendere su Amazon, il colosso ti mette subito gli occhi addosso. Sta accucciato a guardare cosa stai facendo, se stai promuovendo il tuo prodotto, quanto stai vendendo.

In ogni caso, sia che tu venda o no, dopo un po’ comincia a bersagliarti di telefonate. Il suo scopo è quello di importi la sua logistica e i suoi corrieri. 

TI vuole affittare spazi logistici a caro prezzo, che tu paghi sia che tu venda o non venda. Non vuole che tu dia il tuo denaro a BRT, SDA o altro corriere, ma vuole accaparrarsi anche questo tipo di mercato.

Da sempre, il pensiero di Jeff Bezos è stato quello di diventare l’unico ad occupare tutti gli spazi commerciali presenti nel mondo.

La logistica e le spedizioni sono due di questi spazi. Chi accetta questo genere di proposta, ritiene di essere favorito rispetto ad altri suoi concorrenti.

Che lo sia o meno è ancora tutto da constatare. Per il momento l’unica certezza è che queste cose costano e che, così facendo, ti metti sempre di più nelle mani di un unico player, perdendo in modo pressoché totale la tua indipendenza.

lista dei clienti

Questo è un punto dolens che hanno convinto molte imprese ad abbandonare Amazon. Chi acquista su Amazon, sia b2b che b2c, è un cliente di Amazon.

Spesso chi vende su Amazon non ne conosce neppure il nome, soprattutto se le spedizioni sono a cura del colosso americano.

Purtroppo la lista clienti è il bene principale di un’azienda. Acquisire un cliente costa e, per questo, la sua fidelizzazione è un patrimonio dell’azienda. Più compra e meno è costato.

Amazon lo sa bene e, per questo, i clienti se li tiene stretti e, nel suo contratto, è piuttosto chiaro il fatto che il venditore non possa contattare direttamente il cliente che ha acquistato da lui, by-passando Amazon stessa.

Dunque, se vendi a clienti che continui a non conoscere, è un po’ come se ad ogni vendita cominciassi sempre tutto daccapo.

Come ho più volte scritto, i venditori che non hanno costruito un proprio e-commerce lavorano su Amazon per ricavare una piccola percentuale dai propri prodotti, lasciando il grosso dei guadagni ad una azienda terza.

instabilità del business

Fin qui, mi pare chiaro di quanto sia poco conveniente scegliere di vendere su Amazon, piuttosto che da un proprio e-commerce.

Tuttavia, manca ancora un dato molto importante, che le aziende in fuga da Amazon (in tutto il mondo) hanno compreso molto bene.

Se apri un account di vendita su Amazon, tu non sei proprietario di nulla. Il tuo business è nelle mani di Amazon, che nel suo contratto evidenzia chiaramente il fatto che, per motivi di sua unica discrezione, può bloccare il tuo account e trattenere le somme dovute, a tempo indeterminato.

La storia di Amazon è piena di aziende che hanno investito fior di denari per vendere i propri prodotti e, improvvisamente, si sono trovate a zero vendite, senza nessuna spiegazione plausibile. Account chiuso e finito lì.

Perché Amazon fa questo?

Le ragioni possono essere molteplici, ma le più comuni sono: 

  • ho la convenienza di chiudere il tuo account, perché mi rende di più vendere i prodotti di un tuo concorrente;
  • hai commesso una infrazione (quale?) e abbiamo aperto un’inchiesta (quanto dura?)

Ecco perché nelle precedenti righe avevo scritto che non si può costruire un futuro aziendale, investendo su Amazon. È un business su cui non puoi fare affidamento, almenocché tu non sia un imprenditore, ma un faccendiere mordi e fuggi. Almeno questo è il mio parere.

l’alternativa

Dunque quale altra strada si deve prendere per vendere, considerato il fatto che ormai rimanere fuori dalle vendite su internet significa perdere nuove e vecchie fette di mercato?

Nessuno impedisce di mettere i propri prodotti anche su Amazon, tuttavia non si può prescindere dal attrezzarsi con un e-commerce proprio, sul quale puntare per il presente ed il futuro delle proprie vendite online.

Un e-commerce di proprietà può avere due funzioni:

  • la prima è quella di non perdere una fetta di clientela già acquisita che, però, adesso chiede fortemente che sia concessa un’opportunità di acquisto online, sia che si tratti di clienti b2b, che b2c.
  • la seconda è quella di conquistare una larga fetta di clienti nuovi, la cui lista però resti di proprietà di chi vende e non di Jeff Bezos.

C’è da spendere per fare questo? Si, ovviamente, come devi spendere anche se vendi su Amazon.

Su un tuo e-commerce come su Amazon non è per nulla sufficiente mettere online dei prodotti con la speranza di vendere. Non è così che funziona.

Tuttavia la diversità è che con un tuo e-commerce spendi per te stesso e per la tua azienda. Con Amazon ti ho già spiegato come funziona.

Abbandoniamo dunque la barzelletta che Amazon ti sia amica con i suoi “prezzi bassi” e i “nuovi posti di lavoro”.

Se Amazon è la seconda azienda più importante al mondo è perché la gente vuole comprare online e Bezos è stato il primo a capirlo. Ora però tocca alle nostre imprese.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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