La nuova piattaforma tridimensionale è sulla bocca di tutti, nonostante gli alti investimenti che ne impediscono l’accesso al retail e alle imprese
Un po’ per fantasia, un po’ perché è di moda e un po’ per non parlare solo di commemorazioni, disgrazie, finanza e guerra durante l’estate molti quotidiani italiani si sono sbizzarriti a scrivere di vendite online e del forte impulso di cui, pur in un’economia boccheggiante, stanno beneficiando gli e-commerce. Ancor più grazie al previsto ritorno massivo verso l’utilizzo di un diffuso smart working. Così, parlando di evoluzione dell’e-commerce, per molti articolisti il passaggio al Metaverso è sembrato quasi dovuto. Molto spesso anche a sproposito.
Nell’articolo che segue, dunque, vediamo insieme perché la nuova sorella maggiore di Facebook appare tanto vicina ed attuale, mentre invece è ancora molto lontana per chi vuole vendere su Internet.
Prima di tutto, facciamo un brevissimo sunto di cosa si intende per Metaverso. Si tratta di una piattaforma che presenta una realtà virtuale tridimensionale, al contrario di quella bidimensionale degli e-commerce.
In questo tipo di ambiente, chi naviga può muoversi “camminando” e “vivendo” tra luoghi diversi e diverse situazioni, spostandosi con il proprio avatar. Cioè la rappresentazione di se stesso in quel mondo virtuale.
Per farlo, deve dotarsi di strumenti tridimensionali quali caschi, occhiali ed altre diavolerie che certo non si faranno attendere sul mercato.
Quello che accade è un po’ ciò che appare nei videogiochi spara-tutto, dove chi detiene il controller muove sullo schermo colui che fa la parte dell’eroe e che, in pratica, rappresenta se stesso.
Vale però ripetere che nel Metaverso le immagini sono tridimensionali, quindi chi gioca, compra, studia (e tanto altro) lo fa in un ambiente, pur irreale, che lo circonda a 360 gradi.
Tanto per essere ancora più esplicito, porto ad esempio una mia esperienza personale. A casa dei miei nipoti, super tecnologici, ho indossato un casco per la realtà virtuale. Pur restando nel salotto di casa, mi sono trovato ai bordi di un lago, con una canna da pesca in mano a lanciare l’amo nell’acqua. Per la cronaca non ho pescato nulla!
Tornando al Metaverso, quindi, una qualsiasi azienda che vuole vendere online, può costruire il suo e-commerce a tre dimensioni, dove il cliente viene accompagnato tra gli scaffali da un vero e proprio commesso, mosso da una pre-configurata intelligenza artificiale.
Può fare indossare al suo cliente-avatar una t-shirt o un paio di pantaloni e mettersi davanti allo specchio per vedere l’effetto che fa. Il cliente, dal canto suo, può comprare una bicicletta e farsi un giro per un viale alberato. Oppure può aggirarsi in una cucina, aprendo i cassetti e introducendo una torta nel forno.
Poi si toglie casco e occhiali, e tutto ritorna come prima.
Da quanto ho appena scritto appare evidente che stiamo entrando in un mondo molto particolare e completamente diverso da quello in cui siamo abituati a vivere. Il tutto ad una velocità inarrestabile.
Spesso mi domando come rimarrebbe allibito un abitante dell’antica Roma se, per miracolo, resuscitasse dopo 2.000 anni.
Come reagirebbe di fronte ad un aereo che si alza in volo, oppure al semplice passaggio di un motorino scoppiettante?
Ebbene, credo che a noi accadrebbe la stessa cosa se potessimo occupare nuovamente il nostro spazio terrestre tra solo un paio di secoli. Probabilmente vedremmo un’umanità senza più parole che comunica attraverso un proprio microchip. Meglio non pensarci.
Eppure non siamo tanto lontani da una visione del mondo condizionata dalla tecnologia. Già oggi, in un Metaverso ancora sperimentale, i giovani della Generazione Z, cioè quelli nati dopo il 1997 fino al 2012, dichiarano di essere disposti a spendere il proprio denaro per comprare nella realtà virtuale. Cosa? Esattamente il nulla.
Per fare un esempio del perché questo avviene, basti pensare a quel famoso eroe dello spara-tutto. In una realtà tridimensionale si trova accerchiato da nemici pronti ad ucciderlo, se non si arma di tutto punto e se non indossa schermi protettivi verso armi pluripotenti.
Ebbene, tutto ciò che virtualmente gli serve per procedere nel gioco che, guarda caso è gratuito, se lo deve acquistare con soldi veri. Così, alla fine di quel gioco, che è interminabile, ha speso tutti i suoi risparmi. Anche se quando toglie il casco o gli occhiali non gli rimane in mano niente. Neanche un certificato d’acquisto.
Penso che tu possa leggere una certa ironia nelle mie parole. Tuttavia le cose stanno anche peggio di così.
Abituati ad acquistare il nulla, certi giovani americani hanno dichiarato di essere disposti a spendere fino a 49,99 dollari (…cinquanta sembra troppo…) per comprare abiti virtuali da fare indossare al proprio avatar. È una questione d’immagine!
Dunque, nel diabolico Metaverso ci siamo già. L’era è segnata ed è per questo che il titolo di questo articolo recita che il mondo virtuale ideato da Mark Zuckerberg è molto vicino.
Le grandi imprese già si stanno attrezzando. Grandi brand stanno puntando su una customer experience innovativa, creando i loro negozi all’interno di un grande magazzino virtuale. Investono per diventare o rimanere leader anche nel nuovo mercato, che si affaccia su quello già esistente degli e-commerce.
Una recente previsione, di cui ha parlato anche il quotidiano La Repubblica, si dice certa che proprio grazie alla partecipazione dei marchi più famosi entro il 2024 il Metaverso potrà essere valutato intorno agli 800 miliardi di dollari.
Ma non tutto è rose e fiori. L’entusiasmo con cui si parla del Metaverso tiene conto della quasi perfezione della nuova tecnologia, ma non tiene conto del pubblico che la deve utilizzare.
Innanzi tutto c’è un problema di device, cioè di quegli strumenti che occorrono alla grande massa per riversarsi nel Metaverso.
Allo stato attuale possiamo parlare di una sorta di gioco sperimentale e sicuramente sarà proprio sotto il profilo dei game di tipo avanzato che inizialmente il Metaverso svilupperà i suoi fans.
Forse un giorno si potrà giocare una partita di calcio in cui possiamo muoverci all’interno di una stanza, diventando capocannonieri di una Serie A molto simile a quella reale.
Tuttavia questo genere di divertimento sembra dedicato più a un pubblico molto giovane, che non a quella generazione di persone, tipo i baby boomer, che ha maggiori capacità di spesa.
Quindi, il mondo del commercio tridimensionale dovrà necessariamente evolversi con una certa lentezza, in attesa di una sua possibile consacrazione anche nel commercio.
Inoltre, come ho accennato, il Metaverso non sarà raggiungibile da tutti quegli strumenti che, fino ad oggi, hanno caratterizzato il mondo degli e-commerce. Intendo dire i computer, i tablet e soprattutto gli smartphone.
Per arrivare a un telefonino tridimensionale la strada è ancora molto lunga, anche perché è un apparecchio che si usa durante le nostre funzioni giornaliere, che non possono essere svolte con un casco sopra la testa.
Un altro elemento che allontana il Metaverso dalla evoluzione attuale degli e-commerce è la quantità degli investimenti che si stanno indirizzando verso il mondo degli e-commerce stessi.
Certo, guardare al futuro è sempre importante, perché non bisogna mai lasciarsi cogliere di sorpresa dall’innovazione e dal cambiamento dei costumi.
Tuttavia il futuro più prossimo è già segnato. La Cina in primis, ma anche i grandi brand occidentali sanno che la valorizzazione delle loro vendite online passa attraverso la video comunicazione.
Se, in effetti, la realizzazione di immagini in movimento può sembrare l’anticamera del Metaverso, in realtà la video comunicazione su Internet per vendere online è ancora ai primordi.
TikTok si sta preparando per accogliere una tipologia di marketing video, che si colleghi direttamente agli e-commerce delle aziende venditrici. Ha messo in campo investimenti miliardari alla cui resa non intende affatto rinunciare.
Molte aziende stanno investendo sul live streaming per vendere su Internet in diretta, come fosse una vera e propria televendita.
Attualmente il mondo della comunicazione si sta spostando verso questa direzione, molto remunerativa senza dovere cedere alle tentazioni del tridimensionale. E di conseguenza ad ulteriori investimenti esageratamente cospicui.
Peraltro il settore degli e-commerce è costituito principalmente da due attori: i marketplace e le piccole e medie imprese.
Stravolgere un marketplace come Zalando o Amazon o qualunque altro negozio online generalista, non è certamente cosa da poco. Bisognerebbe coinvolgere milioni di aziende venditrici, spesso con pochi soldi nelle tasche.
Lo stesso rilievo deve essere fatto in considerazione dei piccoli produttori, degli artigiani e del retail che hanno aperto propri e-commerce (e tanti altri ne stanno nascendo) e che cominciano a vendere online adesso.
Per questa tipologia di imprenditori gli investimenti che sarebbero necessari per inserirsi nel Metaverso sono del tutto impensabili. Ed è la grande massa di chi vende online.
Ecco perché il Metaverso, pur essendo vicino tecnologicamente alla nostra era (e quindi perfettamente realizzabile), è ancora lontano anni luce dalla sua applicabilità su grossa scala.
Detto tutto questo, ci sarebbe da porsi una domanda, che a me pare piuttosto logica: ma a chi serve il Metaverso?
Mi sembra una bella domanda, perché dall’analisi che ne esce sembra non essere utile al retail, non essere utile agli artigiani, non essere utile alle PMI, non essere utile ai grandi brand, non essere utile ai marketplace.
Condivido il fatto che le nuove tecnologie debbano avanzare cercando sempre nuovi orizzonti. Tuttavia, quando sono fuori tempo è meglio non vantarle come la panacea dell’umanità.
Dunque, la realtà è tutt’altra rispetto a quella che identifica un desiderio di innovazione. Ne abbiamo già parlato nei mesi scorsi in un altro editoriale del Magazine di evoluzionecommerce.
La realtà è quella di una guerra tra i grandi player del web. Apple, Google e Facebook se le stanno suonando di santa ragione per il predominio di un campo di battaglia che non sanno come spartirsi. Anzi, non se lo vogliono spartire affatto.
Menano colpi violenti, ma non tengono conto del pubblico da cui loro stessi dipendono. Facebook ha tentato inutilmente di scalzare Google come motore di ricerca, pur senza riuscirci. Gli manca una strategia fondata su chiavi di ricerca vincenti.
Google ha attivato il nuovo algoritmo, di cui abbiamo recentemente parlato sul nostro Magazine, per impostare raccolte dati che invadono seriamente il campo di Facebook.
Per contro, Apple ha avviato una propria campagna “militare” a favore della privacy per fare in modo che Google e Facebook perdano il loro potere analitico.
Così succede che Facebook si avvii al Metaverso, che il dialogo con Google diventi sempre più complesso e che Apple rischi di essere scalzata da chi produce caschi e occhiali tridimensionali.
Tutto questo senza tenere conto delle reali esigenze del mercato, composto dalle aziende venditrici e dagli acquirenti. E, a spuntarla, sarà come sempre il pubblico, come dimostra ancora una volta la crescente richiesta di acquisti online e di e-commerce, gli unici che riescono a dare un sollievo reale al fatturato delle imprese.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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ciao ragazzi… nel 1995 feci alla confcommercio il corso di “internet” dove ti insegnavano a navigare e creare una pagina. Il dato era che un’azienda che avrebbe voluto usarlo per lavoro avrebbe dovuto spendere 30milioni di lire solo per una linea ” accettabile ” e alcuni pc per lavorare in rete. Cosa che avevano fatto i due siti che ci mostrarono come esempio ” Aprilia” ( delle moto) e ” interflora”.
Quindi… se questa civiltà in qualche modo andrà avanti penso che tra una decina di anni sarà easy avere gli occhiali 3d ( nemmeno lo schermo) e il metaverso diventerà appannaggio della massa come lo smartphone. Il segreto per noi Microimprese sarà trovare il momento storico esatto per entrare a gamba tesa in questo mondo tra i primi del nostro settore quando gli investimenti necessari diventeranno ” reali” per il nostro budget.
Buon lavoro e grazie, Giuso da Pirottasrl.it.
Grazie, Giuso, speriamo davvero che sia come tu prevedi. Noi siamo pronti.