L’impostazione delle campagne è un lavoro di gruppo, dove ognuno ha competenze specifiche, senza le quali gli investimenti non possono essere garantiti
Ormai è opinione consolidata. Non c’è più spazio per sogni o ipotetici miracoli: per vendere online è necessario il marketing. Bisogna farsi vedere, farsi conoscere, farsi apprezzare. Grandi e piccoli brand, sia pure con strategie e impegni diversi, si danno battaglia a colpi di comunicazione. È questo il campo in cui ci si scontra e si può vincere. Su Internet, Davide e Golia hanno dimensioni diverse ma uguale capacità commerciale. E i risultati possono essere soddisfacenti per entrambi in proporzione ai rispettivi investimenti. O per entrambi disastrosi perché, a volte, la necessità di mostrarsi al pubblico è foriera di fretta, improvvisazione, incapacità di controllo. E c’è chi su questo equivoco ci campa a danno delle imprese. Vediamo chi, perché e come evitarlo.
Fino a qualche anno fa, la menzogna più comune era quella che, per vendere su Internet, fosse sufficiente mettere online un catalogo di prodotti.
Si diceva anche che più prodotti contenesse il catalogo, tanto più era facile che almeno uno di questi potesse interessare qualche sparuto acquirente.
Non era vero, perché già allora bisognava accompagnare le vendite con azioni mirate sui clienti. E non era vero perché Google non distribuiva parole-chiave, a spaglio e gratuitamente, sui vari siti di vendita. Anche allora Google era uno strumento da interpretare e pagare con molto senno.
Tuttavia era una bugia concettualmente credibile, perché in pochi conoscevano le logiche del web e perché anche coloro che, sia pure onestamente, reputavano di essere esperti del settore pubblicitario non avevano ancora incamerato casi di studio online sufficienti.
Diciamo che molte agenzie, abituate a confezionare azioni di marketing offline, non avevano ancora la benché minima idea di come funzionasse Internet e di quanto machiavellici fossero i piani di sviluppo di Google e dei social.
In una evoluzione tanto rapida, quanto difficilmente comprensibile per liberi professionisti, artigiani e imprese, fu inevitabile che si infilassero anche una variegata schiera di faccendieri, del tutto impreparati ad affiancare con successo le attività industriali e commerciali nella loro necessaria crescita online.
Si tratta dei molteplici smanettoni, se non dei web designer, se non degli informatici, se non di comuni tipografie o illustratori.
Non si passa da un file di Office ad un e-commerce, non si passa da una pagina web ad un e-commerce, non si passa da un gestionale ad un e-commerce, non si passa ad un e-commerce dalla creazione di biglietti da visita, depliant e calendari. Non è un passaggio naturale.
Tuttavia, molti imprenditori sono stati oggetto di una speculazione a loro danno, nella quale hanno rappresentato una sorta di bancomat o di slot machine, da cui ha tratto vantaggio quella nutrita schiera di persone che abbiamo appena elencato.
Fare vendere online è un’attività molto più complessa, sia per le strategie da mettere in atto, configurandole su ogni azienda come un vestito sartoriale, sia per la quantità delle diverse professionalità da coinvolgere nella comunicazione.
Parlo di analisti, copywriter, funnel strategist, Google partner, fotografi, video-maker, controller, coordinatori e molto altro.
Il catalogo, dunque, resta un elemento importante perché è su di esso che vanno impostate le azioni di attacco al mercato. A volte su un singolo prodotto, a volte su una gamma più vasta. Ma non è certo la quantità delle referenze in esso contenute ad essere determinante per il successo di un e-commerce.
Vendere online è un’opera che non può lasciare spazio all’improvvisazione e all’impreparazione.
Google stesso, che in ordine di tempo è stato ed è il primo e più importante strumento di marketing, continua a migliorare i suoi algoritmi al fine di perfezionare la selezione dei siti che meritano di più la sua attenzione.
Google vuole essere autorevole nei confronti di chi lo utilizza per compiere una ricerca. Vale a dire che vuole essere sempre più sicuro che le sue risposte ad una query (interrogazione) siano congrue con le esigenze di chi è interessato ad un acquisto o a ricevere una semplice informazione.
In un recente articolo pubblicato sul nostro Magazine abbiamo fatto luce sul nuovo algoritmo di Google, che riconosciamo nel nome di PMax, al quale non è possibile avvicinarsi senza le dovute competenze.
Tentare di utilizzare PMax per azioni di marketing, pur senza conoscerlo alla perfezione, equivale ad una emorragia di denaro priva di concretezza nei risultati. Perché ci si parla con due lingue diverse.
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, le professionalità in campo per condurre operazioni di marketing di successo sono tante e massimamente specializzate.
Tutto questo si traduce in costi inevitabili che le aziende devono sostenere. Su internet, per quanto riguarda il marketing, non è consigliabile andare al risparmio.
Per dare un’idea precisa di quello che voglio dire, sarebbe come comprare un’automobile e pagarla meno del dovuto grazie al fatto che è priva di alcune parti essenziali del motore.
Così si spende denaro per qualcosa che non può funzionare, che non sarà mai utile.
Tuttavia, i costi da sostenere possono essere diluiti nel tempo, improntando una politica del step-by-step, un passo dietro l’altro per una crescita graduale delle vendite e per investimenti sopportabili per ogni tipologia di attività.
Ecco perché, riferendosi al web marketing, è corretto parlare di un lavoro di ingegneria finanziaria, composto da investimenti sostenibili anche sulla base di obiettivi di fatturato realmente raggiungibili.
Il percorso passo-dopo-passo non può essere casuale o improvvisato. Deve essere studiato preventivamente a qualsiasi azione di marketing e condiviso tra specialisti del settore e l’imprenditore stesso.
Ma è corretto parlare anche di ingegneria comunicativa.
Se PMax, come spiegato in precedenti articoli del Magazine di evoluzionecommerce, non privilegia più le parole-chiave, ma i contenuti di un sito e, nel caso dell’e-commerce, anche delle schede-prodotto, tutto quanto viene scritto e pubblicato assume un valore strategico per la crescita delle vendite online con l’ausilio del motore di ricerca.
I contenuti diventano uno strumento per catturare nuovi clienti, per fidelizzare quelli già acquisiti, ma anche per dialogare e farsi riconoscere dai media online.
La pubblicazione di contenuti scritti o sotto forma di immagini assume l’importanza che aveva qualche anno fa la scrittura dei codici html (lo è ancora ma spesso passa in subordine).
Neppure una riga di ciò che viene scritto, neppure il titolo di un’immagine, neppure un colore utilizzato può essere lasciato al caso. In questo senso un sito e-commerce va visto come un programma informatico nel quale, se sbagli anche un solo elemento di punteggiatura, non funziona più nulla.
Molti imprenditori, liberi professionisti e artigiani che fino a qualche tempo fa si dilettavano, nel tempo libero, a creare il proprio e-commerce fai-da-te, oggi si stanno rendendo conto che le loro vendite online non crescono.
Forse ciò che hanno costruito può essere riadattato alle esigenze del web marketing, ma nello stato in cui si trovano i negozi fai-da-te conviene non investire denaro nella comunicazione, nella vana speranza di raccogliere qualche vendita.
Ciò con cui bisogna confrontarsi, prima di tutto, sono i risultati numerici che si vogliono raggiungere. Se fare funzionare un e-commerce ha come obiettivo quello di fatturare qualche migliaio di euro in più, non è certamente questo lo strumento consigliabile.
Vendere online significa attivare un nuovo ramo di azienda e, come tale, il progetto va affrontato con la massima serietà e consapevolezza.
Capisco che le vendite online siano un’opportunità ormai imprescindibile per ogni attività commerciale e industriale, ma se non è sostenibile affrontare un mercato che ha necessità di programmazione non si può sperare in qualche miracolo.
Come mi sembra che appaia chiaro da quanto scritto finora, gli e-commerce vanno ideati e costruiti su dati scientifici che è necessario riconoscere e trattare a profitto delle imprese.
Ecco perché, nei paragrafi precedenti, ho citato alcune delle professionalità essenziali di cui gli specialisti del settore si devono dotare e devono mettere in campo.
Si tratta di professionalità molto raffinate, spesso anche molto giovani e, per questo, in continuo aggiornamento.
Il percorso che ogni progetto online deve affrontare non può prescindere dal giovarsi di competenze tanto specializzate. Torno ad elencarne alcune:
Gli analisti
Come detto, Internet e le sue logiche sono un’opera di ingegneria raffinata e complessa. Ciò vuol dire che per vendere online non si può sperare di ottenere risultati grazie a una formuletta magica. Al contrario bisogna lavorare su dati scientifici che sono presenti nella rete.
Il compito degli analisti è quello di ricavare i dati che servono ad ogni specifica attività che vuole porsi sul web, estrapolare quelli più utili e significativi, rimetterli insieme come in una sorta di puzzle, elaborare un piano dei costi e ipotizzare per difetto il volume dei possibili ricavi.
Grazie a questo lavoro, l’impresa che vuole vendere online avrà la possibilità di non avventurarsi in un futuro instabile, ma di comprendere con una certa precisione quali saranno i benefici reali che riceverà da un progetto di e-commerce.
Grazie al lavoro degli analisti (altro fattore indispensabile) sarà possibile impostare le strategie di attacco al mercato e di dialogo con Google e con i social.
Difatti, il lavoro di analisi porterà alla luce la quantità e la qualità dei potenziali clienti dell’e-commerce in esame. Chiarirà quali sono i contenuti con cui presentarsi a loro e con cui farsi apprezzare dal motore di ricerca. Valuterà i punti di forza e di debolezza della concorrenza online per poi scegliere la strada migliore per controbattere.
Senza questo tipo di lavoro preventivo, sconsigliamo a chiunque qualsiasi azione di vendita online e di web marketing.
Se questa fase di analisi non viene svolta con la massima serietà, magari al risparmio, ecco profilarsi ancora l’immagine dell’imprenditore-bancomat.
I copywriter
Internet è un luogo dove tutti possono accedere sia per leggere qualcosa, sia per scrivere qualcosa. Per questo è anche un luogo denso di banalità, dove l’improvvisazione e la creatività tipicamente italiane non si sposano con la professionalità
In un luogo dove, insisto a dirlo, è la scientificità a disegnare un percorso di vendita, le banalità non rendono.
Tutti possono parlare di sé come se fossero il “top” del settore in cui operano, ma la realtà è che, poi, sono necessarie modalità e strumenti per convincere un cliente a comprare e per differenziarsi da chi dice e scrive le stesse cose.
Scrivere su Internet è semplice, ma non lo è per niente se la scrittura deve essere finalizzata ad una vendita. Il cliente, sia esso azienda o consumer, deve essere affascinato da ciò che legge, deve essere invogliato ad un contatto con il venditore, deve essere sospinto verso un’azione che lo porti al carrello e alla cassa.
Tutto questo va eseguito con la massima determinazione, ma anche con la massima delicatezza. Due elementi che non è facile fare convivere insieme. È ciò che fa il copywriter.
La storia del sistema di scrittura, chiamato copywriting, non ha origini recenti. Il primo pubblicitario a scrivere in copy è stato John Emory Powers, a New York, che nel 1870 inventò slogan particolarmente persuasivi per alcune catene di grandi magazzini americani (Lord & Taylor e Wanamaker’s).
Powers capì che la pubblicità doveva essere mirata a risolvere i problemi dei clienti verso i quali era diretta. Capì anche che la maggior parte dei pubblicitari raccontavano bugie su prodotti e costi.
Per questo inventò uno stile caratterizzato da frasi brevi, pregnanti, sincere, lontane dall’esaltazione tipica delle agenzie pubblicitarie.
La gente lo seguiva, perché aveva assunto credibilità e, per questo, era anche in grado di rimproverare, sia pure con il massimo rispetto, chi non seguiva i suoi consigli.
Ciò che lui scriveva era meramente indirizzato alla vendita. E faceva vendere, tanto che divenne il freelance più pagato di quel periodo: fino a 100 dollari al giorno (stiamo parlando di circa due secoli fa!).
Oggi le tecniche di Powers sono ancora più sottili, perché confortate da tutti quei dati che offrono una perfetta profilazione del cliente finale e dei suoi desiderata.
Sapere arrivare alla clientela con le nuove tecniche del copywriting sposta in maniera determinante un e-commerce che non vende in un e-commerce di successo.
Il funnel strategist
Ogni cliente, prima di procedere ad un acquisto, compie una serie di azioni non definite ma possibili.
Difatti, il percorso su cui una persona si avvia prima di mettere qualche prodotto nel carrello e di passare alla cassa è condizionato da tutta una serie di fattori, che dipendono dalle sue disponibilità di tempo, dal suo grado di attenzione, dalla reale necessità di comprare, dalle informazioni di cui ha bisogno, dalla vastità delle soluzioni in campo e via dicendo.
Un percorso tipico è quello di chi va su Google per cercare un prodotto; ne trova diversi di suo interesse; si informa sui costi; sui tempi di consegna; sulla qualità dei materiali; sull’affidabilità del venditore e molto altro. Poi decide di comprare o di non comprare. Oppure mette i prodotti nel carrello e poi non passa alla cassa. Oppure decide di inviare una email al venditore.
Questi sono casi tipici, ma potrei raccontarne all’infinito.
Il lavoro del funnel strategist, dunque, diventa determinante per seguire e contattare ogni cliente nelle sue diverse fasi di interesse e di avvicinamento ad un acquisto.
In relazione ad ogni tipo di azione di chi compra, deve corrispondere un’azione correlata e automatizzata (CRM) da parte di chi vende.
Ovviamente le azioni sono diverse per le diverse tipologie di prodotto o di cliente in causa. Per questo il funnel strategist deve essere in grado di individuare quali saranno le azioni del compratore e come reagire con azioni a lui indirizzate per non perderlo mai di vista e per ottenere da lui il massimo profitto.
È un lavoro non semplice ma che è in grado di decuplicare per enne volte il ritorno sugli investimenti di una campagna pubblicitaria. Se non lo si fa, sono soldi persi.
Google partner
Su questo punto spenderò poche parole, perché è fin troppo intuitiva l’importanza di Google nel sistema delle vendite online. Lo abbiamo già scritto molte volte.
È dunque essenziale che il web marketing sia in sintonia con le esigenze comunicative di Google. Per essere visibili è necessario conoscere le sue logiche.
Nel caso contrario si rischia che i propri annunci o la propria indicizzazione finisca in categorie di prodotti e servizi che nulla hanno a che spartire con l’attività di vendita che invece vogliamo promuovere.
È facile constatarlo anche come semplice curiosità, navigando sul motore di ricerca tra i vari annunci in evidenza.
Questo vuol dire spendere denaro in clic ingannevoli che hanno per conseguenza un contatto non profilato con persone per nulla interessate a ciò che gli vogliamo proporre e vendere.
Fotografi e video-maker
Amazon è il più grande e-commerce al mondo. Tuttavia, dal punto di vista grafico, è tra i peggiori presenti sul web. Non c’è creatività, è tutto standard, è un ammasso di prezzi e di immagini.
Ciononostante, se vuoi diventare fornitore di Amazon devi sottostare ad alcune regole grafiche ferree, senza le quali Amazon non ti pubblica. Tra queste, quelle relative alle immagini di cui la “brutta Amazon” stessa ha capito l’importanza.
Èd è indubbio che Amazon conosca molto bene il suo mestiere e la comunicazione.
Ci sono molti fotografi e video-maker che offrono i loro servizi per chi vuole vendere online. E ce ne sono anche di molto bravi. L’importante è saperli dirigere perché gli investimenti necessari per pagare il loro lavoro offrano la massima resa in termini di attrazione e di vendite.
Non è importante che gli specialisti del web marketing abbiano al loro interno un team di fotografi e di video-maker. È invece fondamentale che sappiano collaborare con questo genere di professionisti, orientandoli sulla composizione del set, sull’utilizzo delle luci e sulla contestualizzazione delle immagini.
Anche foto e video fanno parte del pacchetto di contenuti di cui abbiamo più volte parlato in questo articolo. Per questo motivo vanno realizzati con cura.
Il controller
Ipotizziamo che tutte le caselle necessarie ad una campagna di marketing siano state messe al loro posto e che tutto sia giusto e perfetto per iniziare a investire in pubblicità.
Questo è un momento molto delicato, perché l’andamento dei messaggi pubblicitari non deve essere abbandonato a se stesso.
La funzione del controller, dunque, è quella di monitorare ogni giorno gli effetti pubblicitari, comprendere il significato dei dati che vengono ricavati sulle visite dei clienti, sulle vendite, sulle azioni predisposte dal funnel strategist, sulla impostazione dei contenuti. Sarà così in grado di ottimizzare il tutto in tempo reale, perché vi sia il massimo ritorno sull’investimento.
Diciamo che il controller è un analista di seconda fila, capace però di intervenire sui processi di comunicazione e di migliorarli.
Senza una funzione di costante monitoraggio il web marketing perde gran parte delle proprie potenzialità a danno delle imprese e di tutto il progetto di vendita.
Il coordinatore
Ed eccoci alla fine del percorso di costruzione di una campagna di marketing, sui cui risultati si possa avere realmente fiducia.
Come abbiamo visto, sono diversi gli elementi professionali che ne determinano il successo. Ognuno è a se stante, ma non disgiunto da tutti gli altri.
Possiamo raffigurare una campagna pubblicitaria su Internet come una sorta di catena di montaggio molto raffinata, dove ogni “pezzo” ha la sua funzione, ma con una finalità comune.
Dunque, tutta l’attività di web marketing deve essere supervisionata e coordinata in ogni sua fase, sulla base di quelle strategie di comunicazione e di attacco al mercato, di cui si è parlato fin dall’analisi iniziale.
Ci vuole quindi una figura che sovrintenda e che si renda responsabile nei confronti dei propri committenti. Questa figura è presente in tutte le agenzie, ma quello che manca è la competenza su ogni singolo “pezzo”.
Per questo motivo, proprio per evitare che le imprese siano considerate come una sorta di bancomat da svuotare, sarebbe bene e onesto che le web agency, non attrezzate per compiere un lavoro professionale come quello descritto, si appoggino loro stesse ad esterni specialisti delle vendite online.
Guadagnerebbero un po’ meno, certo, ma almeno svolgerebbero un servizio congruo con le aspettative di chi ha dato loro fiducia. Nel massimo rispetto di chi investe online.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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