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Malattia e-commerce: il marketing che non c’è

Spesso le imprese si affidano alle web agency per produrre campagne pubblicitarie che non si traducono in vendite e creano danni. Ecco cosa succede e perché

Il buon funzionamento di un e-commerce che produca utili aziendali dipende, in prima battuta, dalla qualità del marketing con cui si promuovono prodotti e servizi. Un marketing inesistente non produce danni, ma neppure guadagni. Un marketing frettoloso e inadeguato crea disastri e disamore per il mercato online.

Il “marketing che non c’è” non è soltanto quello inesistente, ma ancor più quello che viene erogato con superficialità a svantaggio delle aziende. Qui di seguito, facciamo insieme alcune riflessioni sulle fondamenta necessarie per erigere azioni di marketing che non siano dolorose e che producano positive conversioni nelle vendite online.

il problema delle PMI

La definizione di marketing è, sostanzialmente, tutto quel complesso di azioni che erogano comunicazione verso il consumatore (B2C) o verso altre aziende (B2B), allo scopo di valorizzare un brand, di creare un contatto o di produrre una vendita.

In un contesto così ampio esistono strumenti e veicoli per tutte le tasche. Ma non necessariamente chi più spende, più guadagna.

Le grandi major, i marchi di valore internazionale mettono a disposizione del marketing budget annuali di milioni di euro per consolidare la propria presenza e il proprio prestigio sui mercati. È una filosofia comunicativa contro cui la piccola, media e micro azienda non può competere.

Brand della potenza di Armani, Barilla, Microsoft e tanti altri utilizzano strumenti massivi come la televisione e i giornali, i cui costi pubblicitari sono inarrivabili per una PMI.

Sono media che raggiungono un pubblico molto vasto, indefinito (o solo parzialmente definito). È una pubblicità di facciata, che non promuove una singola vendita e, tanto meno, una vendita online.

Non è questa la finalità di quel tipo di marketing. Non è questo l’interesse per cui quei brand sono online con un loro e-commerce.

Il fatto che qualcuno faccia clic per comprare un loro prodotto di qualche decina di euro su Internet, non sposta minimamente gli effetti di un bilancio aziendale miliardario.

Ovviamente una piccola, media, micro azienda coltiva interessi commerciali di dimensione differente. Per il tessuto della aziende italiane, avere o non avere un e-commerce che funzioni e produca vendite sposta di molto l’asticella del fatturato annuo e dei relativi utili aziendali.

Sposta perfino l’asticella della propria sopravvivenza sul mercato, come abbiamo più volte sottolineato sul nostro Magazine.

Sebbene, anche per quanto riguarda la comunicazione, le PMI debbano affrontare e risolvere problematiche legate al budget, non è questo il punto di maggiore difficoltà. Ciò che più necessita è sapere circoscrivere i costi del marketing, indirizzandoli unicamente verso un mercato, che sia in assoluto il migliore per convertire una visita in un acquisto.

il cliente lo si compra

Vendere su Internet presenta alcune connotazioni e logiche molto differenti da quelle del mercato tradizionale.

Per fare un paragone, se io ho un negozio su strada, dopo avere fatto i miei investimenti per una bella location, per una vetrina appariscente, per un personale qualificato e per qualche promozione consentita dalle Leggi sul commercio, devo solo attendere che il cliente entri in negozio e compri.

Per vendere online, devo aggiungere qualche importante tassello in più, primo fra tutti il fatto che, per fare entrare il cliente nel negozio devo pagare una sorta di tassa pro capite. È il clic che mi fattura Google o i social, perché quel cliente mi visiti.

Dunque, su Internet, ogni cliente viene comprato con opportune operazioni di marketing che lo spingano a consultare un e-commerce per poi procedere (lo si spera) con un acquisto.

Come è ben comprensibile non ci si può affidare alla sola speranza. Il cliente viene comprato, quindi ha un costo. E, se ha un costo, vuol dire che è un investimento che deve produrre denaro.

Non ci sono alternative.

Pertanto il marketing deve mettere l’e-commerce nell’unica condizione vantaggiosa possibile, quella di comprare soltanto clienti realmente interessati e motivati ad acquistare.

A questo punto appare evidente quanto le logiche per un marketing, che sia efficiente per una PMI, siano distanti dalle strategie di marketing adottate dai grandi brand.

La comunicazione va centellinata non soltanto per valori di budget ristretti, ma anche e soprattutto per comprare soltanto clientela attiva e fidelizzabile nel tempo.

Il costo di acquisizione-cliente è uno dei parametri sui quali porre la massima attenzione, prima ancora di avviare qualsiasi campagna . Ed è un parametro che va monitorato costantemente a campagna già avviata.

il marketing capillare

Da quanto è stato detto finora, appare chiaro che il nemico principale del marketing, necessario ad un e-commerce per produrre vendite, abbia un solo nome: superficialità.

Il marketing superficiale è il vero “marketing che non c’è”.

È un nemico ancora più insidioso di un marketing inesistente, cioè che non ha mai preso vita e sul quale non è stato investito un solo euro. Difatti, in questo caso non si può neppure parlare di marketing.

“Il marketing che non c’è” è quello che viene prodotto con inutili dispersioni di denaro, poco o tanto che sia, e che costa senza tradursi in guadagni.

Non importa se si tratta di budget piccolissimi, 5 o 10 euro al giorno. Sono soldi gettati inutilmente in un camino infuocato. Meglio impiegarli per portare la famiglia a mangiare una pizza la domenica.

Qui il problema si sposta dalle PMI alle web agency, che possiamo dividere in due macro categorie:

  • gestori di budget
  • web designer

A queste due categorie se ne aggiunge una terza che, però, non può essere definita una web agency. È l’agenzia specializzata nel commercio digitale.

Per entrare più nello specifico, le agenzie che gestiscono i budget sono quelle a cui fanno riferimento i grandi brand, di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo.

Possiamo definirle web agency in quanto si occupano principalmente di Internet, ma sono distanti dalla capacità di mettere in atto strategie di comunicazione per le PMI.

Il loro lavoro è quello di allocare sui vari media pacchetti di denaro piuttosto cospicui, parliamo di qualche centinaio di migliaio di euro all’anno per ciascun loro cliente, destinati a ritorni di immagine più che a ritorni economici immediati, provenienti dagli e-commerce.

Questo è il loro core-business, benché non disdegnino di “acchiappare” anche clienti molto più piccoli.

Mettersi nelle loro mani è un grande punto interrogativo, perché l’esiguità del budget di una PMI crea poco interesse attorno al cliente. Ed anche perché i rapporti diretti con i singoli imprenditori sono assai più complessi da gestire che non quelli con i singoli funzionari delle grandi aziende.

Spesso, quando con loro il marketing non funziona, ci si sente rispondere che il denaro messo a disposizione è troppo poco per ottenere risultati concreti. Una risposta che ha il valore di tempo, denaro e speranze investite nel nulla.

E passiamo alle web agency che nella accezione attuale sostituiscono i vecchi web designer.

Si tratta di agenzie, di dimensioni variabili, che hanno alle spalle una certa esperienza nella costruzione di siti web. Lo sanno fare con una grafica accattivante ma non sempre idonea alle vendite online.

Su questo punto, magari, torneremo in uno dei prossimi editoriali del nostro Magazine. Non è ciò che ci interessa approfondire per ciò di cui parliamo oggi.

Nel tempo le web agency hanno dovuto trasformarsi. Hanno iniziato realizzando loghi, cataloghi cartacei, calendari, timbri e volantini. Poi, quando è nato Internet, hanno cominciato ad inserire anche la creazione dei primi siti. Successivamente hanno cavalcato la crescita degli e-commerce.

Un po’ perché sono vicine alla sede operativa dell’azienda, un po’ perché si trovano anche loro nel mare magnum di Internet, gli imprenditori si rivolgono spesso a queste agenzie anche per la configurazione di campagne pubblicitarie.

È un errore, perché si tratta di un’attività che non ha nulla a che fare con l’essere dei buoni web designer.

Tuttavia, è comprensibile che le web agency vedano nel marketing uno sfogo per crearsi nuova clientela. Quindi, anche se non ne hanno le basi, accettano l’incarico e producono danni.

Vediamo come.

La loro principale azione è quella di ricercare le parole-chiave su cui orientare il marketing delle aziende loro clienti. Per ogni prodotto o servizio scelgono una parola-chiave e il gioco è fatto. Magari fosse così semplice, perché non è così che funziona.

Ecco un esempio tipico che ci possa illuminare su tutto quello che stiamo per dire.

Un cliente si rivolge alla web agency, perché produce pelletteria di lusso. Su richiesta dell’agenzia (e già questo è un passaggio che non è così scontato), risponde che i suoi prodotti trainanti sono borse, borsoni e valigie.

Dice di essere interessato alla nuova collezione delle prime e chiede alla web agency di predisporre un po’ di pubblicità su Internet. Ha un e-commerce ed è lì che vuole vendere.

La web agency assume l’incarico e per la parola chiave “borse” avvia una campagna pubblicitaria, suddividendo il budget un po’ su Google, un po’ su Facebook e un po’ su Instagram. Tanto per non sbagliare.

Passa qualche settimana e le vendite non arrivano. Passa qualche mese e le vendite non arrivano. L’imprenditore chiude le campagne, manda al diavolo la web agency che vorrebbe fargli spendere ancora di più, ma soprattutto abbandona l’idea di vendere online. Esce così da un mercato che per lui poteva essere molto florido. Un danno gravissimo.

Quanti tra coloro che leggono questo articolo hanno vissuto la medesima esperienza? Sicuramente molti.

I motivi di questo insuccesso, che ha coinvolto numerose imprese e di cui gli imprenditori sono esenti da ogni responsabilità, sta nella inadeguatezza delle web agency e nella superficialità (sia pure in buona fede) con cui sono state impostate le azioni di marketing.

Prima di tutto, parliamo della parola chiave “borse”. Da una prima indagine l’agenzia avrebbe dovuto accorgersi che su Google esistono 49.500 richieste mensili da utente unico e che il clic con cui comprare la visita del cliente costa 23 centesimi.

Questo significa che, per coprire l’intero mercato, l’azienda avrebbe dovuto investire nel marketing 11.385 euro ogni mese. Con uno scontrino medio di 45 Euro, calcolando una tasso di conversione al 1%, gli incassi potrebbero essere di euro 22.275 al mese.

Tra costo di produzione, packaging e spedizione, forse il gioco non vale la candela.

È un calcolo che l’agenzia non ha fatto, così come non ha valutato che sulla chiave “borse”, esistono 647.400 varianti che Google indica come ricerche più specifiche effettuate nel tempo: da “borse mondiali” ( es. Wall Street) a “borse sotto gli occhi”. E così via.

Non è difficile comprendere che quella pelletteria che si è rivolta alla web agency ha attirato su di sé pagandoli anche clienti per nulla interessati a ciò che voleva vendere. Ulteriore grave danno.

Dunque per le PMI, che hanno pochi soldi da spendere e che per questo li devono indirizzare con precisione laser su una clientela chirurgicamente profilata, il marketing deve essere canalizzato con precisione capillare su tutte quelle componenti che conducono a vendite reali.

Altro che semplici parole-chiave!

la specializzazione nel mercato digitale

A differenza della pubblicità tradizionale, dove le agenzie si sbizzarriscono a creare spot televisivi e cartelloni stradali, il marketing online non è principalmente una scienza creativa, ma principalmente una scienza esatta.

Si fonda su analisi, su valori numerici e su proiezioni scientifiche che, grazie ad Internet, si possono elaborare con una certa precisione.

Altro che semplici parole-chiave!

Sapere cogliere questa differenza è uno dei punti fondamentali perché il marketing online funzioni bene. La comunicazione su Internet non è frutto di inventiva, ma di ricerche approfondite dei mercati di riferimento, delle buyer persona e della concorrenza.

Una ricerca che va estesa a quattro mani (agenzia e impresa) sulle marginalità dei singoli prodotti, sui tempi di conversione di ciascun prodotto e sulle possibilità di upgrade della prima vendita. Oltre a tutto ciò che abbiamo già descritto.

Non ci si inventa marketer con un triennale all’Università. Bisogna studiare molto, è vero, ma bisogna farlo con i continui aggiornamenti necessari. Internet si trasforma in continuazione e, con lui, gli strumenti per comunicare.

Ecco che si presenta così un nuovo player, essenziale per vendere online: l’agenzia specializzata nel mercato digitale, il cui core-business non è quello di costruire un e-commerce (anche se è necessario saperlo fare), ma quello di accompagnare il cliente nella crescita delle sue vendite online, indirizzando e condividendo con lui le scelte di marketing più opportune e personalizzate sulla sua realtà aziendale.

Così facendo, l’agenzia è deputata a installare in azienda un sistema di vendita, che l’imprenditore acquista e mantiene, decidendo quando e quanto investire. Il come e il dove sarà frutto di tutta quella serie di ricerche e di conseguenti strategie di comunicazione alle quali abbiamo già accennato.

I risultati delle campagne di marketing saranno successivamente monitorati e ottimizzati per una vendita crescente e inarrestabile, che è ciò che un e-commerce promette e deve conseguire.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

Scopri di più sul "Focus del mese"

2 risposte a “Malattia e-commerce: il marketing che non c’è”

  1. giuso pirotta ha detto:

    buongiorno e grazie per l articolo che mi trova d’accordo. La domanda è: avete voi indirizzi affidabili a cui posso rivolgermi per la mia azienda?www.pirottaonline.com http://www.pirottasrl.it
    grazie mille Giuso Pirotta info@pirottasrl.it

    • Lorenzo Lo Vecchio ha detto:

      Buongiorno Giuso. L’indirizzo ve lo abbiamo inviato per email. A presto.

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