Ecco le componenti essenziali che servono per “parlare” agli acquirenti online e per farsi “ascoltare” al fine di accompagnarli sapientemente fino al carrello e alla cassa
Qualsiasi sito online, soprattutto quelli dedicati alla vendita di prodotti o servizi, ha l’obbligo di “parlare” alla propria clientela. Sia a quella già acquisita che a quella potenziale. Un sito “muto” è un sito senza testi e senza immagini. Oppure è semplicemente un sito sbagliato. Nell’articolo del nostro Magazine, che stai per leggere, cerchiamo di mettere in evidenza quali sono le principali componenti di una grammatica virtuale, necessaria per comunicare su Internet e per ottenere congrui risultati di vendita da un sito ecommerce. Anticipandole, per grandi linee sono: afflato, tono, fruibilità, immagini, formattazione. Vediamo nelle prossime righe come ordinare e collegare tra loro questi cinque elementi. Il risultato sarà quello di calamitare persone (B2C) e aziende (B2B), trattenerle sul sito e condurle ad un acquisto.
Ci sono diverse realtà che sono difficili da accettare ma che non si possono ignorare. Una di queste è quella che segue.
Rendiamoci conto che ogni visita su un sito (d’ora in poi parlerò principalmente di ecommerce) è stata comprata. Vuoi con il pagamento di un clic a Google, vuoi con altre forme di marketing.
Anche i clic organici, derivanti dal posizionamento sulle pagine di ricerca, non sono per nulla gratuiti. Difatti, alla base di una certa rilevanza organica c’è stato e ci dovrà sempre essere un lungo lavoro di SEO, che è costato in termini di tempo e di denaro.
Detto questo, è comprensibile come sia piuttosto sconveniente pagare per una visita e poi mancare di delicatezza e di attenzione verso il visitatore.
Provate a pensare a quel film (Chi si ferma è perduto) in cui Totò s’ingegna per stringere amicizia con il suo capufficio, allo scopo di farsi assegnare un nuovo e più remunerativo incarico, in barba al suo collega di scrivania, Peppino De Filippo.
Finalmente riesce a invitarlo a casa sua per una cena in famiglia, ma poi il pappagallo che tiene nella gabbietta ripete le frasi ingiuriose con cui, tra le mura amiche, lui abitualmente qualifica il suo superiore (quella carogna di…).
Risultato: non solo il capufficio se ne va infuriato, ma anche assegna il nuovo incarico a Peppino, suo acerrimo antagonista.
Ebbene, questo breve canovaccio non deve accadere neanche all’interno di un ecommerce. Il visitatore va rispettato, il che vuol dire che va accolto nella miglior maniera possibile, cioè nella forma più adatta alla sua aspettativa di cliente.
Tuttavia, se è vero che ogni cliente è diverso dall’altro, possiamo catalogare i clienti in tante macro-categorie, suddividendoli per:
Dunque, un ecommerce deve essere costruito nel rispetto di quella clientela che, in linea di massima, ha interesse a comprare il prodotto o il servizio che viene offerto.
Cioè, deve imparare a conoscere la sua clientela nel dettaglio di tutto quanto abbiamo appena elencato, per poi farla sentire a suo agio.
Probabilmente, se invece del pappagallo Totò avesse tenuto in gabbia un cardellino, l’effetto di quella serata con il suo capufficio sarebbe stato diverso, alla faccia di Peppino.
Sito ecommerce e clientela devono “abbracciarsi” in un afflato, che va costruito in base a uno studio preventivo su un tipo di comunicazione che crei empatia. Chiamiamola pure linguaggio.
Spero che chi ci sta leggendo non pensi ad una esagerazione circa le attenzioni da riservare a chi visita un sito ecommerce.
Assicuro che non è così, ma si tratta di tecniche derivate da un attento studio del comportamento di chi acquista.
Un ecommerce deve vendere bene e, per questo banale motivo, non può essere costruito nella approssimazione, ma nella scientificità necessaria ad uno strumento di vendita che funzioni alla perfezione.
Vendere male significa vendere poco e, nella maggior parte dei casi, significa anche non coprire nemmeno i costi aziendali e di produzione.
Dunque, i motivi di attenzione sono tanti. Uno di questi, che ha un valore rilevante, è il tono con cui si parla al cliente. Anche questa è una componente essenziale del linguaggio.
Spesso faccio l’esempio di un produttore di palloni da calcio ad alta tecnologia. Li vuole proporre sia al Centro Tecnico di Coverciano, dove si allena la nazionale italiana. Ma li vuole proporre anche al prevosto sotto casa, che gestisce un oratorio di periferia.
È evidente che il linguaggio che deve utilizzare per le sue vendite non può essere lo stesso per le due diverse tipologie di cliente. A Coverciano parlerà in termini di tecnologia, mentre al prevosto parlerà in termini di prezzo e di durata.
Anche sugli ecommerce le differenze di tono (colloquiale o scientifico) devono essere diverse. Una cosa è proporre un prodotto cosmetico contro l’insorgere delle rughe, un’altra cosa è vendere una scheda elettronica.
Si tratta di clienti diversi, con sensibilità diverse, ma soprattutto con stimoli all’acquisto completamente differenti.
Cambiando il prodotto, cambia la tipologia del cliente di riferimento e, di conseguenza, cambia anche il tono con cui vengono esposte le motivazioni all’acquisto. Amicale, colloquiale, professionale: le variazioni sono infinite.
Un linguaggio che non tenga conto di questo tipo di sensibilità può allontanare per sempre masse di clienti potenziali.
Un prodotto o un servizio in vendita online diventa fruibile, quando tutto ciò che lo riguarda viene esposto in maniera chiara e semplice. Ma soprattutto utile.
La chiarezza è un elemento di vendita importante, perché deve sciogliere tutti i dubbi che possono annidarsi nella mente di chi acquista.
Chiarezza vuol dire anche trasparenza, ma vuol dire soprattutto non lasciare spazio al fraintendimento.
Anche la semplicità è un elemento essenziale per un ecommerce e, molto spesso, questo aspetto viene sovrastato dalla voglia, oltre che dalla necessità, di corredare le vendite con una massa insopportabile di informazioni.
Il cliente online ha poco tempo da dedicare, è veloce nelle sue navigazioni, è addirittura frenetico nel suo approccio decisionale.
La mancanza di semplicità significa porre inutili ostacoli sul percorso della clientela verso la cassa che, al contrario, deve essere “oliato” perché sia fluido ed immediato.
Ma l’attenzione che conta di più, in relazione alla fruibilità delle informazioni che vengono erogate su un ecommerce, è quella relativa all’utilità.
La maggior parte delle volte gli imprenditori online danno sfogo a un narcisismo che accontenta solo loro, ma non il cliente. Quindi, poi, quando non arrivano le vendite restano scontenti anche loro.
Parlare di sé, della propria storia e finanche del proprio prodotto spesso è fuorviante per il cliente, per nulla interessato alla vita e alla personalità del venditore.
Il cliente è pronto a fare uscire il denaro dalle sue tasche soltanto se ciò che sta per acquistare soddisfa una sua esigenza. Privata o di lavoro. Non gli serve sapere altro.
Pertanto, chi costruisce un ecommerce deve intercettare questa sua disponibilità dopo avere compreso quali siano i reali stimoli per quello specifico acquisto. Anche in questo caso, per ottenere il risultato di una vendita, bisogna ricorrere ad uno studio preventivo.
Il tema delle immagini è tra i più delicati per quanto riguarda il linguaggio di un ecommerce.
Nonostante sia sempre più frequente l’utilizzo di video all’interno di un negozio online e delle stesse schede-prodotto, le fotografie fanno da sempre la parte del leone.
Le immagini sono il modo in cui più rapidamente un ecommerce si esprime, parlando attraverso di esse al futuro acquirente.
Purtroppo bisogna prendere atto che, per vendere online, la semplice foto del prodotto non basta più. Così come non basta più migliorare le immagini in photoshop, valorizzando i colori, aggiungendo effetti e ombreggiature.
Dico “purtroppo” perché la realizzazione di immagini professionali rappresenta un costo importante nell’economia della costruzione di un sito ecommerce.
Ancora una volta dobbiamo ripetere che l’approssimazione non paga.
Per avvalorare quanto sto scrivendo in questo paragrafo, voglio fare riflettere sul fatto che ormai il pubblico, qualsiasi esso sia, passa più ore davanti al suo computer e allo smartphone, che non davanti alla televisione.
Le stesse smart-tv, oggi, sono fatte per collegarsi a Internet e trasmettere sui loro schermi tutto quanto lo spettatore controlla, consulta e scarica dal web.
Per questo motivo, televisione e siti online devono godere della medesima qualità, altrimenti si producono effetti repulsivi su chi si attende un “linguaggio” di qualità.
Le immagini vanno costruite in modo da incentivare il cliente verso un acquisto, lo devono coinvolgere emotivamente. Ci vuole esperienza per produrre effetti di questo genere.
Così, anche la creazione di mini video deve tenere conto che questi possono apparire sia su grandi schermi che sul telefonino ed essere, nel contempo, gradevoli su entrambi gli strumenti.
Oggi, pubblicare immagini che non tengano conto degli epocali cambiamenti di comunicazione in atto, significa avventurarsi su un campo di battaglia armati di arco e frecce, laddove il nemico schiera razzi e blindati.
In questo caso il nemico è rappresentato dai concorrenti più abili e più attenti ad un linguaggio di comunicazione più consono.
Per mia stessa esperienza ho imparato, a mie spese, che una cosa è sapere scrivere bei libri o articoli di fondo per giornali, radio e Tv. Una cosa completamente diversa è scrivere su Internet.
Ancor più diverso è scrivere per incentivare l’acquisto di un prodotto.
Scrivere bene in italiano non è facile, ma quando se ne ha la virtù è piacevolissimo. L’italiano è una lingua complessa. Conoscerla ed usarla senza confondere il “te” con il “tu”, ma seguendo una sintassi logica come i latini ci hanno insegnato, dà enormi soddisfazioni. A chi scrive e a chi legge.
Tuttavia, su Internet nasce una nuova lingua. È quella di un italiano corretto, ma anche conciso. È quella delle frasi non impegnative. È quella che si valuta con un codice di leggibilità chiamato Gulpease, che assegna un punteggio ai testi.
La formattazione di ciò che si scrive viene elaborata, affinché tutto debba scorrere liscio. Per ogni frase una sua finalità precisa. Niente fronzoli. No agli intellettuali e ai filosofi. Noi ai romanzieri e ai giornalisti.
Il nuovo sistema si chiama copywriting ed è molto complesso. Non si diventa copywriter senza avere a lungo studiato il nuovo sistema linguistico ed averlo sperimentato per anni.
Il copy è una forma di linguaggio stimolante, a volte usato anche con eccessiva baldanza e aggressività. Ma la sua lettura è rapida, i suoi scopi arrivano a segno, le vendite di un ecommerce aumentano.
La formattazione dei testi è una componente del linguaggio ecommerce capace di trasformare un negozio inattivo in un ricettacolo di clienti e di nuove fatturazioni.
Ecco, spero di essere stato utile con alcune informazioni di base su quanto bisogna essere attenti nella costruzione di un ecommerce, soprattutto nell’impostazione di un linguaggio che coinvolga i clienti già acquisiti e quelli ancora soltanto potenziali.
Il tutto nasce da un lavoro preparatorio. Sia per quanto riguarda lo studio della clientela-tipo, quindi la sua profilazione, sia per quanto riguarda i contenuti che è necessario offrire, aldilà dei prodotti o dei servizi in vendita.
Come ho scritto, esistono diversi metodi per adeguare il linguaggio di un ecommerce alle esigenze del mercato di riferimento, qualsiasi esso sia. Tuttavia non lo si può inventare e tantomeno improvvisare.
Oggi la specializzazione nel comunicare attraverso un ecommerce si è spinta verso livelli di professionalità che hanno preso in contropiede anche i pubblicitari più esperti.
Le analogie tra televisione e Internet hanno creato nel pubblico aspettative che non possono più essere ignorate. Il mondo della comunicazione è cambiato e continuerà a trasformarsi velocemente nel tempo. Bisogna saperlo seguire. Anzi prevenire.
E non lo si può trascurare, perché stiamo dicendo di sapere “parlare” ad un mercato florido, il più florido per la sua inarrestabile crescita, che soltanto in Italia ha superato un valore di 70 miliardi annui e che entro il 2026 dovrebbe superare i 136 miliardi.
Se si vuole restarne fuori, ognuno si prenda le sue responsabilità.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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Sempre pillole di saggezza per non sbagliare per vendere online. Grazie
Grazie Leonardo. Felice che ti sia sto utile.