Vendere online è diventato irrinunciabile, sia nel b2c che nel b2b. Un’azienda è cresciuta da zero a 20 milioni di euro in soli 12 anni. Ecco le fonti di stampa.
Negli ultimi due post di evoluzionecommerce ho parlato di quanto i dati di vendita del 2019 fossero in forte crescita e di come utilizzarli.
Oggi voglio chiudere il trittico riportando notizie di stampa che indicano come il commercio elettronico (ecommerce) condizioni le scelte di aziende e imprenditori.
A parere mio si tratta di segnali molto forti che spingono a sciogliere ogni indugio sulla necessità di essere presenti online.
Bisogna farlo tempestivamente e vigorosamente mettendo in atto tutte quelle strategie che sono necessarie perché un ecommerce funzioni a dovere.
l’ecommerce ha preso il volo
Come pubblica il recente articolo del primo quotidiano romano, Il Messaggero, nell’ultimo mese di novembre si è registrato un forte balzo in avanti delle vendite online.
L’incremento si rivela sostanzioso anche rispetto all’uguale periodo del 2018.
Le maggiori vendite sono motivate da due elementi principali:
I settori che hanno registrato il maggior incremento sono stati quello della profumeria e dell’arredamento.
Nell’articolo si sottolinea anche quanto sia sempre più larga la forbice tra vendite tradizionali ed ecommerce. Si vende sempre di più online e sempre meno in negozio.
cambiamento celere e senza ritorno
La parola d’ordine di chi si occupa di strategia aziendale non è quella di rallentare l’avanzata dei sistemi di vendita online, ma anzi di prevenire i disagi accelerando il cambiamento.
Ormai è chiaro che la bilancia tra vantaggi e svantaggi di possedere un ecommerce di proprietà pende di gran lunga a favore dei primi.
La triste storia di Toys’R’Us spaventa un po’ tutti, grandi e piccoli. Difatti, la più grande catena americana di giocattoli ha dovuto alzare bandiera bianca per non avere sposato per tempo le vendite online.
Rifiutandosi di aprire un proprio ecommerce e investendo sui punti vendita tradizionali, nel 2018 è stata dichiarata fallita.
Lo ha capito bene Bose, la più grande catena di distribuzione di cuffie e auricolari, che in tutto l’Occidente sta chiudendo i propri negozi nei grandi centri commerciali, puntando unicamente sulle vendite online.
Lo mette in evidenza un recente articolo de Il Fatto Quotidiano e le azioni in borsa di Bose sono schizzate alle stelle.
L’articolo, di cui riportiamo il titolo, rivela anche che negli Stati Uniti il cambiamento è ormai inarrestabile, al punto che la nuova tendenza è quella di aprire su strada i cosiddetti neighborhood goods.
Si tratta di negozi nei quali non esiste la cassa, perché là dentro non è possibile acquistare nulla. Nascono affinché i consumatori che comprano online, possano provare e toccare con mano ciò che pagheranno sugli ecommerce.
In alcuni è possibile anche ritirare la merce acquistata sul web.
È di poco fa la notizia che Amazon, sia pure tra mille complicazioni per il consumatore (e per i suoi fornitori), offre la possibilità di pagare a rate le transazioni sugli acquisti. Segno evidente che Amazon ha compreso quanto ormai il commercio elettronico sia essenziale per tutti.
l’inarrestabile crescita del fatturato
Anche il Sole24Ore punta il dito sul fatto che ormai è necessario prendere delle decisioni e affrontare seriamente il tema del commercio online.
L’articolo parla di crescite vertiginose dei negozi virtuali e di apocalisse dei negozi tradizionali. Anche nel settore B2b si nota questa tendenza. Molte aziende perdono i propri clienti, perché nel servizio che offrono manca la possibilità di comprare mediante un ecommerce.
Non esiste al mondo un solo prodotto o servizio che non possa essere acquistato sul web. Le stesse banche chiudono i loro sportelli per favorire le transazioni su internet.
Ovviamente c’è chi continua a lamentarsi di questa situazione. Ma si tratta di una finzione. Chi piange e rifiuta il cambiamento è poi lo stesso che, asciugate le lacrime, si fa consegnare a casa la spesa pagata online con la carta di credito.
I detrattori del commercio elettronico poi sono gli stessi che acquistano dal web.
Per questo resta anche incomprensibile come molti imprenditori (ciò accade soprattutto in Italia) siano ancora dormienti nel prendere la decisione di rendere pubblico sul web il proprio catalogo. Difatti molti di loro comprano abitualmente online.
Come se la vita di un’impresa fosse avulsa dalla realtà quotidiana.
Il grafico che riportiamo qui sopra, pubblicato da il Sole24Ore, non lascia dubbi sul fatto che il pubblico sceglie, ogni anno di più, di comprare sugli ecommerce. Questo non è più soltanto un nuovo costume di acquisto, ma è diventata la regola degli acquisti.
due curiose case history di successo
Come si può ben comprendere, non sto parlando in termini teorici, ma sto parlando di pratica. Quella fin qui esposta è la realtà che constatiamo ogni giorno.
A conferma di ciò riporto due curiosità che, sia pure agli antipodi l’una con l’altra, suonano come una testimonianza di come l’ecommerce influisca positivamente nel valore di un brand e di un’azienda:
Il noto sito ecommerce, che vende tendenzialmente prodotti farmaceutici, ha messo sul mercato il proprio capitale per un valore di 20 milioni di euro.
Nato nel 2012, oggi la sua crescita è stata tale da potere mettere sul mercato le proprie quote azionarie.
Il primo investitore che ha aderito, acquistandole, è la Holding Finbeauty. Una bella soddisfazione dopo solo sette anni di lavoro.
Il secondo caso riguarda invece la nota attrice di Hollywood Gwyneth Paltrow. Come mostra l’articolo pubblicato dal quotidiano Il Tempo, la Paltrow utilizza l’online per vendere un prodotto del tutto particolare.
Si tratta di una di quelle candele mangiafumo che irradiano gli ambienti con i propri profumi.
Ebbene l’attrice ha messo insieme una sorta di concentrato con essenze di geranio, bergamotto agrumato e cedro, unitamente a rosa damascena e ambra.
Lei giura che si tratta di un effuso molto intimo al femminile che la riguarda personalmente.
Inutile dire che le candele messe in vendita online, con il supporto di una simile pubblicità, sono andate esaurite in sole 24 ore.
Certo, si tratta di una trovata pubblicitaria, il cui buon gusto non sta a me giudicare. Voglio però rilevare come anche prodotti tanto fantasiosi riescano ad attecchire nel mercato online.
L’importante è saperli promuovere secondo le aspettative del cliente potenziale.
Difficilmente quel tipo di candela profumata avrebbe avuto uguale successo sul mercato tradizionale. E in così poco tempo.
Bene. Ho messo insieme una serie di avvenimenti, cui la stampa ha dato rilievo, che suonano come una sveglia per chi ancora è titubante alla costruzione di un proprio ecommerce. Alcune aziende ce l’hanno già, ma funziona malamente.
L’unica ragione per cui questo avviene è che, se tutto il mondo si converte alle vendite online, vendere sul web è diventata una cosa da prendere con la dovuta serietà.
Non solo non è più possibile farne a meno, anche nel b2b, ma anche non è più possibile considerarlo un gioco o un semplice esperimento da affidare alla web agency che costa meno o all’amico smanettone. Così si perdono i soldi e la faccia.
Dunque, per riassumere in poche parole, avere un ecommerce di proprietà non è più rinviabile, ma è necessario che sia di successo.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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