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Gestione resi ecommerce: come ridurne gli effetti

La strategia per una buona politica dei resi e dei rimborsi è di fondamentale importanza per il buon andamento di un ecommerce. Ecco come impostarla.

Sul post che pubblico oggi, voglio mettere in evidenza alcune problematiche che sono tipiche degli ecommerce e che vanno affrontate con la massima serietà.

Come ho più volte scritto su questo blog, essere proprietari di un negozio online offre una serie immensa di vantaggi, sui quali non voglio tornare. L’ho già detto ed è ormai a tutti noto.

Tuttavia dobbiamo riconoscere che l’ecommerce non è un compendio alle attività tradizionali già esistenti, ma si tratta di un capitolo imprenditoriale nuovo e indipendente. È una nuova attività a tutti gli effetti.

È un’attività con logiche proprie, con strategie proprie, con obblighi propri e con una gestione propria. Tutti elementi che la differenziano da ciò che un’azienda ha sempre fatto per imporsi sul mercato.

Tra queste nuove attività, una delle più importanti è la politica dei resi e dei rimborsi, per la quale esistono diverse soluzioni e strategie.

La logica dell’ecommerce, difatti, prevede che chi acquista paghi prima che la merce sia spedita e che lui la riceva. Un bel vantaggio per chi vende, ma un atto di fiducia per chi compra. Ci vogliono tutele.

Amazon ha risolto molto efficacemente. Amazon ha deciso di premiare in ogni caso il consumatore e se ne infischia se questo atteggiamento crea imbarazzi al fornitore. 

O stai alle sue regole o sei fuori. Per questo io credo che sia meglio starne fuori.

Certamente non è un modo di porsi sul mercato equidistante tra le parti. Per Amazon il cliente ha sempre ragione. È così che ha valorizzato il suo brand (tanto non è lui che rischia) ed è così che molti fornitori e produttori sono stati messi in crisi.

Al contrario, chi è proprietario di un proprio ecommerce non può correre il rischio di trovarsi il magazzino pieno di resi, pur di mantenere fede a promesse di trasparenza insostenibili verso il consumatore.

Se si sbaglia è giusto pagare, ma ciò non deve offrire il fianco a tanti consumatori furbetti (ce ne sono in tutto il mondo e molti frequentano Amazon): “Ordino e, se nel frattempo cambio idea, restituisco e chiedo il rimborso”. 

Così non va bene.

Quello dei resi e dei rimborsi è un problema che va affrontato ancor prima di scrivere una sola riga di codice di un ecommerce e di avere inserito un solo prodotto sulla piattaforma di vendita.

Si tratta di un problema molto delicato. 

Infatti, se da una parte l’imprenditore deve premunirsi per evitare di essere ingolfato da un possibile andirivieni degli ordini, dall’altra deve comunque rassicurare il cliente finale sul fatto che la bontà e la correttezza del suo acquisto siano garantiti a sufficienza.

Senza questo tipo di garanzie non riuscirà mai a dare la scalata alle vendite, a meno che non sia già ampiamente conosciuto sul mercato.

La politica dei resi e dei rimborsi, dunque, va gestita secondo strategie che permettano di calibrare un giusto equilibrio tra i diritti del consumatore e quelli del titolare dell’ecommerce.

Che fare, dunque? Come ho scritto più volte, non esiste una regola comune per tutti gli ecommerce e per tutti i prodotti o i servizi in vendita sul web. 

Ogni strategia va studiata prima di andare online per evitare esperienze e testimonianze negative quando ormai è troppo tardi. Come si sa, difatti, su internet le “cattive voci” diventano subito virali. Quindi meglio “vaccinarsi” prima che ciò succeda.

Prendiamo dunque ad esempio alcune strategie che da molti anni sono state applicate in America e che vengono replicate con successo anche qui in Europa. 

lifetime del reso

Piattaforme e brand di statura mondiale, come Uber o Spotify, le hanno messe in atto con grande beneficio nel consolidamento dei rapporti con il cliente.

Leggevo di recente che, secondo uno studio pubblicato dall’Università del Texas, più possibilità vengono date a un cliente di restituire quanto ha acquistato online, meno si verifica il fenomeno dei resi.

Per seguire questa logica non bisogna applicare la permissività devastante di Amazon, ma è sufficiente allungare il periodo entro cui un prodotto può essere restituito.

Certo da un lato, con questa tecnica, si consente al consumatore di utilizzare il prodotto e poi dichiarare che non è conforme a quanto si attendeva (penso ad esempio ad un capo di abbigliamento). 

Dall’altro lato, tuttavia, subentra un fattore psicologico di ancor maggiore rilievo: più tieni in casa qualcosa che hai comprato, più ci si affeziona e meno si è disposti a restituirla.

In questo caso, la strategia va accompagnata da paletti indispensabili, proprio per evitare che qualche “furbetto” ne approfitti. Ci sono diversi modi per farlo.

In ogni caso, quello della temporalità è un ottimo elemento per rassicurare il consumatore sul fatto che ha tutto il tempo per constatare di non essere stato gabbato nel suo acquisto online.

le schede prodotto

Quello delle schede prodotto è un argomento che affrontiamo con i nostri clienti ogni volta che ci troviamo di fronte ad ecommerce che sono completamente da ristrutturare.

Si tratta di negozi messi in piedi alla bene e meglio, magari in tempi molto brevi (e quindi con poco lavoro ed attenzione dedicata al loro sviluppo).

Se hai voglia di farlo, gira qualche minuto attraverso gli ecommerce presenti sul web e troverai una marea di cataloghi con descrizioni banali e incomplete.

Per meglio chiarire ciò che intendo dire, ti porto l’esempio dei prodotti farmaceutici o dei cosmetici. Normalmente quelle schede prodotto sono un copia-incolla di come chimicamente si compone una crema, un balsamo, un integratore e così via.

Pensi davvero che il consumatore finale faccia analizzare ciò che acquista per verificarne la veridicità? Se me lo trovi, portamelo che gli diamo un premio.

Prodotti presentati in questo modo sono soggetti ad essere resi. Una crema la restituisco perché non mi piace il suo profumo. Una polverina la restituisco perché non si scioglie completamente in un bicchiere d’acqua. Una capsula la restituisco perché non riesco a ingoiarla. Posso aggiungere tante altre motivazioni, se vuoi.

Le schede prodotto devono dunque raggiungere due effetti:

  • il primo è quello di dimostrare il pieno adempimento ad una necessità o a un desiderio di chi acquista;
  • il secondo è quello di rappresentare in modo completo come un prodotto è configurato, come si comporterà nell’uso e quali benefici ne deriveranno.

La cura della scheda prodotto è uno degli elementi fondamentali per ridurre al minimo il pericolo dei resi.

il rispetto delle buyer persona

Come ho più volte messo in evidenza in altri articoli di questo blog, nella fase di diagnosi che deve precedere qualsiasi attività di commercio online, una parte determinante è quella dello studio delle buyer persona, cioè del cliente potenziale.

Ci sono persone con fasce d’età diverse, diversa cultura, abitudini diverse. E molto più.

È dunque evidente che non puoi rassicurare tutti alla stessa maniera. Cambiano le strategie e cambiano i linguaggi. 

Chi compra accessori per mantenere vivo il suo tattoo non ha le stesse pulsioni di chi compra creme contro anti-age. I prodotti sono simili ma la mentalità è diversa, così come la motivazione all’acquisto. Si verificano due reazioni differenti ad uno stesso linguaggio. Quindi, per reazioni uguali ci vogliono linguaggi diversi.

L’informativa sulla politica dei resi deve essere accuratamente rispettosa delle persone alle quali si rivolge. Più lo è e più sarà rassicurante e abbatterà il rischio del reso stesso.

la riprogrammazione del reso

Quando rendi un prodotto è poi necessario provvedere al rimborso. Questo rappresenta comunque un danno per il titolare dell’ecommerce.

Ci sono dunque strategie alternative che possono essere comunicate negli appositi spazi sul sito e possono essere molto convincenti sulla sicurezza di un acquisto.

Non sempre è necessario restituire il denaro, ma il prodotto può essere sostituito con qualche qualche altro di maggiore valore, oppure la spedizione può essere accompagnata da un bonus, utilizzabile in caso di reso secondo alcune caratteristiche che vanno studiate da prodotto a prodotto.

Questo metodo è molto efficace soprattutto nel caso del b2b, dove il cliente finale non è il consumatore ma un altro imprenditore. Peraltro è un modo intelligente per fidelizzarlo anche prima che acquisti una seconda volta. Ne parleremo più approfonditamente in uno dei prossimi post.

In ogni caso la riprogrammazione del reso è un elemento che infonde molta fiducia e che limita al massimo i rischi di chi vende.

Ecco, ho voluto limitarmi a solo quattro differenti strategie per affrontare con serenità e fiducia il fenomeno dei resi.

È giusto farsene una preoccupazione, ma le soluzioni sono molte ed efficaci

Quello dei resi è un problema molto più presente online che non nel mercato tradizionale. Per questo va affrontato con consapevolezza per limitarne, se non escludere completamente, gli effetti negativi.

Inoltre, una buona politica dei resi favorisce in modo sostanziale il numero delle vendite, perché rassicura il consumatore.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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