S tratta di uno strumento che prende il cliente per mano e lo conduce ad acquistare in seguito a molteplici operatività di marketing correlate tra loro
Il primo a parlare di funnel fu il pubblicitario americano Elias St. Elmo Lewis. Era il 1898 e intendeva spiegare come il marketing per un prodotto dovesse fondarsi sullo studio dei processi di acquisto da parte del consumatore.
Il funnel è raffigurato da un imbuto nella cui parte alta si raccoglie la clientela potenziale che, mediante apposite strategie, va ad identificarsi in modo sempre più profilato nella parte più stretta, che accoglie solo clienti pronti a comprare.
Il funnel è uno strumento selettivo necessario alla vendita, che parte da una situazione “mi chiedi di comprare da te, ma non ti conosco“, a quella “compro da te“. Va costruito sulla base di procedure correlate che cerchiamo di analizzare nell’articolo che segue.
dal 1898 ad oggi
Pur non volendo ripercorrere tutta la storia del funnel, la data del 1898 ci indica quanto lontana sia stata la sua creazione e quanto i tempi, da allora, siano cambiati seguendo, passo dopo passo, le nuove tecnologie.
A quel tempo esistevano soltanto le locandine pubblicitarie e i giornali in bianco e nero. Poi si è affiancata la diffusione delle sale cinematografiche (l’invenzione dei fratelli Auguste e Louis Lumière risale al 1895), poi sono arrivate la radio, la televisione e, infine, Internet.
In un certo senso la filosofia di costruzione di un funnel non è cambiata negli anni, tuttavia sono cambiati e continuano a cambiare i media di diffusione pubblicitaria e gli strumenti con cui raccogliere le informazioni necessarie per avviare una qualsiasi campagna di marketing.
Nel settore delle vendite online il cambiamento appare ancora più evidente, in quanto le tecniche digitali riescono a fornirci una immensità di dati che, giorno dopo giorno, diventano sempre più sofisticati e precisi.
Si tratta di dati che consentono di colpire con successo l’attenzione di un pubblico a cui si vuole vendere un prodotto o un servizio con la massima funzionalità di tempo, di denaro investito e di successiva fidelizzazione.
Sono dati che vanno utilizzati, passo dopo passo, in un percorso di vendita online in costante evoluzione.
Non ricercarli, non utilizzarli e non aggiornarli nei processi che caratterizzano la vita di un e-commerce ha il doppio risultato di vanificare gli investimenti e raffreddare i fatturati.
informazioni a doppio senso
Internet non è uno strumento statico. Per le aziende che vogliono vendere sul web, Internet è un grande chiacchierone che ama dialogare. Fornisce e riceve informazioni da e per le imprese, da e per i naviganti.
Non sono informazioni a se stanti, ma che riguardano da vicino sia le aziende presenti sul web, e di conseguenza i loro prodotti, sia l’immenso popolo dei nauti.
Si tratta dunque di un flusso di informazioni a doppio senso che, per quanto riguarda il mondo degli e-commerce, può e deve essere utilizzato dalle imprese per essere il più possibile in sintonia con il proprio mercato online di riferimento.
Da una parte, chi naviga fornisce informazioni su se stesso, sulle proprie abitudini, sui propri desideri di acquisto, sulle eventuali ritrosie e dubbi, su come cerca prodotti e servizi, sulle proprie caratteristiche anagrafiche, sulla propria cultura, sugli strumenti che usa per comprare e molto più. L’elenco è interminabile.
Da parte del venditore, invece, proprio sulla base analitica e scientifica dei dati che abbiamo appena elencato, l’informazione viene costruita su misura per il cliente finale (consumatore b2c o azienda b2b che sia) in modo da convogliare sul proprio e-commerce soltanto soggetti realmente interessati a comprare.
Come ho già scritto in altri articoli del Magazine di evoluzionecommerce, questa fase è particolarmente delicata, in quanto le azioni di marketing sono generalmente dirette a portare visite sul negozio online, mediante un clic da parte del cliente. I clic costano, dunque è bene per le tasche delle aziende che provengano da un pubblico altamente profilato.
prima del funnel
Come detto, il funnel può essere visualizzato coma un imbuto, nella cui parte alta c’è tutto il pubblico che, nelle vie generali, si ipotizza possa rispondere con un acquisto a delle azioni di marketing finalizzate alla vendita di un prodotto.
Già questa prima parte del lavoro di un funnel va organizzata sapientemente per evitare che, in uno spazio così largo, si infilino anche soggetti per nulla interessati a ciò che viene proposto in vendita.
Fino a un paio di anni fa, la ricerca di un pubblico profilato avveniva esclusivamente sulla base delle parole-chiave più attinenti questo o quel prodotto.
Oggi quel chiacchierone di Internet ci consente di usufruire di molti dati in più per selezionare il campo dei clienti che realmente esprimono interessi di acquisto. Un brevissimo elenco potrebbe chiarire questo punto: età, sesso, geo localizzazione, professione, interessi, hobby, fasce orarie e molto più.
Pertanto, avendo a disposizione molte più indicazioni che non una semplice parola-chiave, tralasciare l’utilizzo di questi dati significa essere troppo approssimativi anche nella comunicazione.
Per fare un esempio, se il pubblico-tipo di un prodotto è prevalentemente composto da giovanissime della Generazione Z (ragazze adolescenti), sarebbe un errore imperdonabile stimolare un loro acquisto con un linguaggio adatto ai baby boomer di sesso maschile (uomini settantenni).
Così non si vende. Sarebbe una comunicazione all’opposto.
Il problema, che molti trascurano, è che la definizione di un linguaggio più congruo per le proprie buyer persona non solo va introdotta nella comunicazione con cui si veicola il marketing, ma anche preventivamente negli stessi contenuti con cui un e-commerce si presenta al pubblico: colori, immagini, testi.
Senza una base su cui fare poggiare la propria comunicazione, si crea una profonda distonia tra il carattere dell’acquirente e quello del venditore. I due non andranno mai d’accordo.
Quindi, prima ancora di raccogliere il pubblico di riferimento all’interno dell’imbuto, si rende assolutamente necessario preparare il campo di battaglia con le opportune strategie di combattimento, schierandosi con le armi più idonee.
Parlare di campo di battaglia potrebbe sembrare inadatto, ma in realtà non lo è.
Difatti, se qualche anno fa non erano necessari tutti gli studi e gli approfondimenti che sono oggi utili per vendere online, nel 2022 ci troviamo a dovere fronteggiare una concorrenza molto agguerrita. Ci sono aziende capaci di colpire la propria clientela meglio e più rapidamente di come abbia conoscenza di fare la maggior parte dell’imprenditoria italiana.
Questo significa perdite di mercato importanti anche nel contesto di una clientela già ampiamente fidelizzata.
durante il funnel
Da quanto è stato appena descritto, appare chiaro che fare marketing sul web non è per nulla un gioco da ragazzi. Tantomeno ci si può “inventare” esperti di marketing in un mondo in cui la specializzazione vive livelli esasperanti. In ogni settore.
Aprire una campagna pubblicitaria con qualche tentativo, un po’ qui e un po’ là, non porta ordini e vendite ma solo perdite secche.
Per questo è bene affidarsi a strutture specializzate nel commercio digitale, in grado di fare la differenza tra un e-commerce che vende e uno che resta al palo.
E ripartiamo da qui. Dal fatto che, messe tutte le caselle del puzzle al loro posto, un’azienda è finalmente pronta a presentarsi sul mercato messo a disposizione da Internet.
Il funnel è ora occupato da un pubblico ben profilato. Se così è, possiamo pensare che fatto cento il numero dei visitatori di un e-commerce, almeno uno converta la sua visita in un acquisto. È una media plausibile.
Un calcolo preventivo di costi e ricavi ci avrà confortato sul fatto che si tratta di un tasso di conversione sostenibile.
Per essere più preciso su questo punto vale la pena fare un esempio.
Se un clic costa 0,28 euro, i 100 clic che conducono alla prima vendita costano 28. Un investimento che va raffrontato con lo scontrino medio di vendita, con le relative marginalità e con la ripetitività degli acquisti.
Dunque, la prima azione all’interno del funnel è quella di monitorare i risultati delle campagne e di ottimizzarli, sia sul piano dei contenuti, sia sul piano del coinvolgimento del cliente.
Difatti, sebbene la parte alta del funnel sia stata riempita da un pubblico selezionato, la discesa del cliente verso il collo dell’imbuto, che porta ad un acquisto, è caratterizzata da comportamenti diversi tra soggetto e soggetto. E, comunque, difficilmente avviene con un solo clic.
Ci sono clienti che acquistano subito, altri che hanno bisogno di maggiori informazioni, altri che vogliono essere rassicurati, altri che abbandonano il carrello e così via.
Cosa ne facciamo di tutti questi clienti? La loro visita è costata un clic (si paga solo il primo). Dunque, li abbandoniamo al loro destino (il che significa alla concorrenza), oppure tentiamo in ogni modo di trasformarli da visitatori in acquirenti?
Ecco, all’interno del funnel vengono elaborate e messe in atto tutte quelle azioni affinché un cliente non resti nel limbo dell’imbuto, ma scivoli il più rapidamente possibile verso l’uscita. Laddove per uscita intendiamo un acquisto.
Per fare un parallelismo con il mercato tradizionale, prendiamo ad esempio un negozio che si affaccia su una grande strada.
Un cliente entra, si aggira tra gli scaffali, prende qualche informazione e poi esce senza comprare.
A modo suo questo cliente è costato, perché per lui il negozio ha voluto presentarsi in modo accattivante, il commesso è stato impegnato per qualche minuto, esistono le spese generali di mantenimento.
Eppure quel cliente lo vediamo passare tutte le mattine davanti al negozio. È distratto e non entra. Cosa facciamo? Non cerchiamo di intrattenere con lui una relazione?
Vale la pena investire in qualche scambio di battute, con un semplice “buongiorno”, oppure con un “entra a prendere un caffè?”.
Ancora meglio se quel cliente, prima di uscire dal negozio, ci ha lasciato una sua email, un numero di telefono, nome e cognome. Non gli mandiamo un whatsapp o un messaggio per invitarlo a fare una visita in negozio?
Certo che sì. Conviene farlo. In qualche maniera abbiamo già investito su di lui.
Ebbene, in un funnel di vendita tutte queste azioni sono automatizzate, anche grazie all’utilizzo di un CRM (acronimo di Customer Relationship Management), per riagganciare quel cliente in tutti i suoi percorsi di navigazione su Internet, riconducendolo ogni volta ad un processo di acquisto.
Sono azioni che le aziende più scaltre nel vendere online fanno abitualmente.
Difatti, credo che a tutti coloro che stanno leggendo questo articolo sarà capitato più e più volte di essere inseguiti nel tempo da annunci di un prodotto o di un’azienda, verso cui si è mostrato interesse pur senza averlo mai acquistato.
La chiamata all’azione del visitatore non acquirente (si chiama retargeting) sposta pesantemente quella percentuale del 1% iniziale in valori molto più consistenti nella redditività di un e-commerce.
Tutte le strategie che vengono messe in atto all’interno di un funnel sono piuttosto complesse da descrivere. Per brevità, qui vale la pena sottolineare che esistono e che vanno utilizzate.
dopo il funnel
Ancora due parole a conclusione di questo articolo, che spero sia utile a tutti coloro che hanno già un e-commerce, di cui non sono soddisfatti, e a tutti coloro che ne vogliono costruire uno per inserirsi finalmente nel mercato online (su questo punto la nostra redazione è pronta a fornire un ulteriore supporto).
Un buon marketing è alla base del successo dell’e-commerce. Per buon marketing non s’intende soltanto una comunicazione efficace, ma anche una strategia che tenga a bada i costi e che amplifichi i ricavi.
Dal 1898 le cose sono profondamente cambiate ma, anche se è meno evidente, sono cambiate dal 2018 al 2020 e dal 2020 al 2022. Cambieranno ancora ad una velocità impensabile.
Per questo motivo è bene essere consci che “sapere fare” conta per il presente ma non per il futuro. La trasformazione va cavalcata per essere sempre un passo avanti rispetto a tutti gli altri.
Il funnel continuerà ad essere il ricettacolo delle azioni strategiche per vendere online, ma si tratta di azioni in continua evoluzione. Restare indietro può significare perdere posizioni di mercato acquisite con tanta fatica ed investimenti.
Non si può chiedere ad un imprenditore di studiare per restare aggiornato nel marketing. Il suo mestiere è un altro.
Dunque, bisogna che sia conscio del fatto che la sua comunicazione online è un lavoro da svolgere a quattro mani, tra lui e chi segue con passione, tempo e specializzazione la sua evoluzione.
È un lavoro che non si può fermare mai e che si deve ampiamente ripagare con i risultati conseguiti.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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