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Ecommerce di quartiere – Gli italiani lo vogliono

La crisi delle vendite coinvolge soprattutto il retail e, di conseguenza, anche i produttori. Tuttavia gli italiani sono affezionati ai piccoli negozi dai quali, però, vogliono acquistare online.

Oggi più che mai il mondo del commercio (e conseguentemente della produzione per il commercio) deve domandarsi quale sarà l’universo delle vendite al rientro nella normalità delle nostre vite quotidiane.

Lo deve fare e deve darsi una risposta rapida, anche perché in pochi escludono che possa esserci a breve un ritorno al lockdown, seppure parziale.

È su questo punto che il post che stai leggendo vuole dare un contributo serio e obiettivo, anche sulla base di statistiche reali, informazioni giornalistiche documentate e indagini di mercato su cosa si aspettano gli italiani per il presente e per il futuro.

Il retail è in bilico, galleggia con tutte le sue forze per non affondare. Di conseguenza anche i produttori si trovano nelle stesse acque e non c’è più tempo per le indecisioni o le attese

O si cambia o si chiude.

Ecco cosa accadrà tra pochi mesi

Partiamo dalla situazione attuale. Si pensava che finito il lockdown le attività commerciali riprendessero vigore. In parte qualcosa del genere è successo, ma con risultati molto scarsi e del tutto insoddisfacenti.

Chi propagandava una facile ripresa dei mercati è stato un cattivo profeta. Adesso lo si è capito. Avergli creduto, attendendo tempi migliori, è stato un errore.

Stando a casa, a volte per prudenza e a volte per lo smart working, le persone si sono abituate a gestire il tempo libero in modo diverso, che non quello di girovagare per i negozi a fare compere.

Così hanno scoperto, utilizzato e apprezzato il mondo delle vendite online, che ormai da qualche anno è entrato prepotentemente nelle nostre abitudini di acquisto.

Come mostra il grafico che riporto qui sotto, la curva degli acquisti online continua a salire e, anche in futuro, è prevedibile che non arresterà la sua crescita.

Difatti, anche dopo Aprile 2020 (ultima rilevazione del grafico), si è registrato un incremento delle vendite online del 79% con un indice di gradimento del 93% da parte del consumatore (dati forniti dal Netcomm Forum Live).

Ciò che più induce a pensare che il trend di crescita non si arresterà, è che nel contesto di quel 79% di crescita, il 34% degli acquirenti ha comprato per la prima volta online un prodotto o un servizio che prima aveva sempre e solo comprato con il metodo tradizionale.

Mentre nei negozi calano le vendite, la cultura degli acquisti da ecommerce non sta presentando limiti sulle tipologie di prodotti o servizi offerti.

È dunque necessario cominciare a orientarsi, per chiunque, sui nuovi sistemi di vendita per non restare tagliati fuori da un processo che si presenta inarrestabile (per ogni approfondimento su questo tema visita www.evoluzionecommerce.it).

La non partecipazione dei piccoli negozi

Il cambiamento deve avvenire dalla base. E i fattori che impediscono il cambiamento da parte del retail sono molteplici.

Innanzi tutto bisogna rimboccarsi le maniche e la delusione dei risultati degli ultimi anni, indipendentemente dal Covid, è demoralizzante. Così viene meno la volontà di riscatto.

La crisi era già in atto nel 2019, ma in pochi si erano accorti che nel frattempo gli ecommerce volavano con incrementi a doppia cifra. Su questo blog lo abbiamo scritto più volte, già in epoche antecedenti alla pandemia.

Aldilà degli aspetti umorali, un altro fattore è dato dall’età media dei commercianti, che non è certo delle più giovani. C’è gente che ci confida di avere difficoltà perfino con il telefonino. Figuriamoci se la mettiamo davanti a un computer.

Su questo punto, però, una grossa responsabilità se la devono addossare le web agency, che si rifiutano di fare formazione. Realizzano ecommerce e poi abbandonano il cliente, dopo avergli sfilato il compenso per il loro lavoro. Spesso malfatto e insufficiente.

Non è un bel agire (per ogni approfondimento su questo tema visita www.evoluzionecommerce.it).

Sovente, un freno è anche quello del costo dell’investimento necessario per aprire un proprio ecommerce. Ma, come ho più volte scritto, se si affronta il problema con la politica dei piccoli passi, si può cominciare a vendere per poi investire una parte dei guadagni nella crescita del proprio business online.

Su questo punto gli imprenditori hanno quasi paura di confrontarsi. Ma non è con la paura che si vincono le sfide. Il margine di successo c’è ed è ampio.

Difatti, come riporta l’articolo di Corcom, uscito nei giorni scorsi, oggi gli italiani cercano sempre di più il negozio di quartiere. Lo cercano online, perché non vogliono rinunciare all’esperienza di conoscere chi vende pur scegliendo sul web. È un elemento rassicurante per ogni acquirente.

E, se il negozio di quartiere tradizionale è in crisi, l’ecommerce non lo è. Come d’altronde ormai confermato da tutti gli organi di informazione. 

Lo riporta ancora una volta l’Agenzia Giornalistica AGI, che spesso ha fornito dati statistici scientifici sulle vendite online.

La salvezza del negozio di quartiere sta proprio nell’ecommerce.

Difatti, il consumatore ha acquisito confidenza con il mezzo digitale, lo ritiene molto comodo ed anche meno costoso. Soprattutto lo ritiene uno strumento che velocizza gli acquisti: si compra online e si ritira nel negozio, senza perdere troppo tempo tra gli scaffali.

Pochi contatti con altre persone e nessuna fila alla cassa. Il distanziamento sociale viene così rispettato e la fase di acquisto appare più sicura anche per la propria salute.

Con l’ecommerce anche il negozio fisico non chiude e riprende vigore.

Anche l’articolo apparso oggi su Repubblica porta un convincente commento su questo tema. Ovviamente il trend non riguarda soltanto il settore alimentare.

Amazon non è il rifugio

Quando il piccolo negozio comprende che non può fare a meno di digitalizzare il suo processo di vendita, ricorrendo al sistema ecommerce, spesso si avventura su strade che ritiene più facili da percorrere. 

Così, invece di aprire un proprio negozio (con tutti i vantaggi che ne conseguono), si pensa erroneamente che su Amazon sia tutto più facile e più remunerativo

Amazon è lì, bello e pronto. Bisogna solo imparare a inserire i propri prodotti nel suo mercato e, per il resto, pensano a tutto loro.

Fate attenzione. Non funziona così. Non è così che funziona! (per ogni approfondimento su questo tema visita www.evoluzionecommerce.it).

Innanzi tutto Amazon non è assolutamente gratuito. Se non sponsorizzi ciò che vendi, ottieni solo l’effetto di non vendere.

Inoltre, i soldi che spendi su Amazon vanno a vantaggio del suo brand e non del tuo. Quando Amazon decide di chiudere il tuo account, resti con un palmo di naso e con tutti i tuoi investimenti gettati al vento.

Infine, quando vuoi vendere su Amazon, insieme a ciò che proponi appaiono anche tutti i tuoi più accaniti concorrenti. In sostanza paghi per fare pubblicità anche a loro.

Amazon non può essere il tuo rifugio dal rischio di chiusura. Amazon è la ricerca di una scappatoia dal tuo problema reale.

Ricapitolando. Se gli italiani hanno ormai deciso di orientarsi in grande numero verso gli acquisti online, non puoi continuare a credere di vivere in un’isola felice in cui il tuo mondo sia diverso da quello degli altri.

Sono loro che comprano, non tu che vendi.

Tuttavia, sono più che comprensibili gli ostacoli che ti separano dal prendere una decisione di costruire il tuo ecommerce o di rimodernare, secondo le nuove esigenze di mercato, quello che già hai e che non ti rende quanto dovrebbe.

In ogni caso, gli ostacoli che ancora ti tengono lontano dal vendere online si possono abbattere facilmente, come quello del prezzo e della formazione. Anche quello di non essere lasciato solo nelle prime fasi di vendita. 

Peraltro con il sistema del click & collect non devi neppure attrezzarti per le spedizioni. È un sistema molto adatto per i piccoli negozi e per gli ecommerce di quartiere.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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