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Ecommerce b2b e b2c: quale dei due? Uno non esclude l’altro

L’ampio numero di potenziali clienti online offusca un altro mercato, più ricco e più facile da conquistare. Il mondo delle vendite b2b.


Questo articolo del blog di evoluzionecommerce è dedicato a quelle aziende/imprenditori che già hanno un ecommerce che vende prodotti/servizi solo ai consumatori, e a quelle aziende che ancora non hanno un ecommerce, ma che ambiscono a tuffarsi nel mercato online.

Ti parlerò del b2b.

Anche se per entrambi si tratta di un mercato agguerrito e complesso, l’idea comune è che ci sono milioni di persone che acquistano online e che, quindi, aprire o gestire un ecommerce significa avere a disposizione un pubblico immenso, inimmaginabile fino a qualche anno fa.

È vero, è proprio così. In questo stesso blog più volte ho riportato dati di vendita e di crescita strabilianti. E non è finita. In Italia e nel mondo si compra sempre meno per strada e sempre di più da device (computer. tablet, smartphone).

Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto c’è una folla di persone che passa davanti agli ecommerce quindi, come si dice, “piatto ricco, mi ci ficco”.

Tuttavia, soprattutto in Italia, l’ampio numero di potenziali clienti rischia di offuscare un altro mercato, meno folto ma più ricco e più facile da conquistare. Il mondo delle vendite b2b.

So che conosci bene qual è la differenza tra le due sigle, b2c e b2b, ma brevemente vale la pena riassumerne il significato.

La sigla b2c significa business-to-consumer, quindi vendita al consumatore finale. Il signor Mario Rossi tanto per intenderci.

La sigla b2b significa business-to-business, quindi vendita di prodotti o servizi non a un privato cittadino, ma a una S.R.L., S.p.A, Libero Professionista, Artigiano e via dicendo. Possessori di partite Iva.

Come si può ben comprendere, l’approccio di vendita al b2b è molto differente rispetto al b2c.

Il signor Mario Rossi acquista spesso perché quel determinato prodotto o servizio soddisfa una sua esigenza immediata, che può essere una necessità o un capriccio. Lo fa emotivamente nell’esatto momento in cui quell’acquisto lo rende felice.

Un’azienda, al contrario, valuta con attenzione il proprio investimento (poco o tanto che sia) entrando più serenamente nelle specificità di ciò che acquista.

Aldilà del fatto, dunque, che anche la comunicazione deve essere diversa nel b2b, ciò che più intendo rilevare in questo articolo è quanto il b2b sia ingiustamente trascurato.

Difatti, molti imprenditori titolari di ecommerce b2c non hanno ancora preso in considerazione l’importanza delle vendite b2b.

E, allora, cerchiamo di entrare meglio nel problema.

Come ho detto la vendita di prodotti e servizi alle aziende è meno emozionale. Questo significa che chi acquista entra con molta attenzione nelle specifiche di un prodotto.

Ciò favorisce chi produce perché sul piano tecnico è molto più facile fare emergere gli elementi differenzianti rispetto alla concorrenza.

Favorisce anche i rivenditori che sono meno costretti a convincere gli acquirenti mediante la deprimente battaglia del prezzo.

Al contrario del consumatore finale, le aziende ragionano sulle informazioni che vengono allegate alle schede dei prodotti in vendita. Spesso, prima di acquistare, si mettono in contatto diretto con il venditore. Poi ordinano.

Il processo di acquisto è a volte più meticoloso, ma anche lo scontrino medio è sempre nettamente superiore, così’ come più semplice è anche il processo di fidelizzazione del cliente.

Il signor Rossi entra ed esce con estrema facilità da un ecommerce all’altro, da un concorrente all’altro. Per lui non fa molta differenza.

Un’azienda, quando compra e prende fiducia nel suo fornitore, difficilmente lo abbandona, fino a quando il rapporto viene gestito con la dovuta professionalità.

Per questo motivo negli ecommerce b2b il fenomeno dei carrelli abbandonati è molto meno presente.

Il termine professionalità e qualità per il consumatore finale non ha alcun senso. Tutti possono scrivere che il loro prodotto è di grande qualità.

Se prendi, ad esempio, la pubblicità di Poltrone & Sofà ci hanno fatto digerire che esistono gli “artigiani della qualità”, ma poi ogni giorno vendono a prezzi super scontati. La loro pubblicità punta sull’emozione di chi acquista.

Qualità a poco prezzo? Difficile crederlo, tuttavia è una strategia di marketing efficace principalmente per le famiglie.

Se un’azienda, al contrario, deve comprare un divano di grande rappresentanza per i suoi uffici, va a vedere nei particolari come sono fatti, quanto si deformano, che impatto possono avere sulla propria clientela, la facilità di manutenzione, il design.

Per vendere un divano ad un’azienda che punta sulla sua immagine, non basta certo dirgli che è di qualità e che costa la metà (di che cosa poi, visto che è costantemente scontato…).

Ecco dunque che nel b2b ogni azienda che vende può esplicitare con più facilità e professionalità i suoi elementi differenzianti, battere la concorrenza senza dovere necessariamente abbattere i propri listini, vendere con scontrini più elevati (magari di divani ne compro cinque e non uno), fidelizzare il cliente anche grazie ad un servizio di assistenza che al privato è molto difficile fornire.

Ma le emozioni nel b2b non contano proprio nulla?

Direi che la vendita b2b va sostenuta con informazioni educative sui singoli prodotti.

Le strade sono diverse e devo dire che mi sono stupito leggendo l’ultimo rapporto di Social Media Examiner, di cui ti allego qui sotto un grafico molto significativo.

Il grafico indica il grado di conversioni del b2b relativo alle comunicazioni sui social. Per conversione intendo un’azione compiuta dalla azienda potenziale acquirente verso l’azienda venditrice.

Quindi non sto parlando di ordini veri e propri.

Come vedi Facebook la fa da padrona. Il significato che gli analisti danno a questa indagine è che gli imprenditori, potenziali acquirenti, effettuano una manovra di avvicinamento all’acquisto non direttamente dal ecommerce, al quale arrivano solo dopo avere acquisito una serie di informazioni preventive.

Ovviamente i messaggi pubblicati sui social vanno prepotentemente nella direzione del potenziale acquirente aziendale, che è molto più facile definire (e quindi raggiungere) che non il solito signor Rossi.

Dunque, ricapitolando, diciamo che i vantaggi di un ecommerce b2b sono molteplici. Tra questi, per concludere, voglio ricordare:

  • Gli acquisti sono più razionali e meno emotivi
  • Le aziende venditrici hanno maggiore facilità di differenziarsi rispetto alla concorrenza
  • Le vendite sono di maggior valore economico rispetto al b2c
  • La pubblicità può essere orientata con maggiore precisione verso l’acquirente
  • Tra venditore e cliente si instaura un rapporto che non è occasionale
  • Ne consegue una maggiore fidelizzazione e un lifetime più remunerativo

Nessun elemento negativo, dunque?

Sì, uno in particolare c’è. Sono poche le web agency che in Italia sanno costruire ecommerce adatti al b2b.

C’è chi ti promette di realizzare un autobus con tutti i comfort, ma poi ti consegna un misero risciò dicendoti che ha le stesse funzioni dell’autobus che avevi ordinato. Lo fanno perché sanno costruire solo risciò.

L’esempio mi fa ridere, ma è proprio così che funziona.

Per costruire un ecommerce b2b di successo è ancora più determinante una preventiva analisi delle aziende alle quali ti vuoi rivolgere, come agganciarle, come comunicare con loro.

Al signor Mario Rossi si può anche tentare di gettare fumo negli occhi, a un capitano d’industria no di certo. Ci vuole consapevolezza, metodo e strategia condivisa. Poi i risultati arrivano e sono davvero grandi numeri.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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