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Ecco perché nonostante il Coronavirus chiudono 3 ecommerce su 5

Chiusi nei nostri appartamenti, salgono del 81% le vendite online. Tuttavia molti ecommerce non decollano mai. Esaminiamone i motivi.

La domanda è lecita. Difatti, come pubblica l’organo informativo dell’Industria Italiana (vedi la foto qui sotto) le vendite online nel mese di marzo 2020 sono aumentate del 81%.

Il motivo di questo incremento è certamente dovuto alla situazione straordinaria in cui ci troviamo. Siamo segregati nelle nostre case e ciò che ci serve ce lo compriamo online.

Alcuni supermercati hanno addirittura sospeso le consegne a domicilio, tante sono le richieste di acquisto tramite i loro ecommerce. Un numero esagerato per il quale non erano preparati.

La stessa Amazon, sempre precisa nelle consegne, ha avvisato i suoi clienti che darà la precedenza ai beni di prima necessità. Gli altri li consegnerà in coda, non si sa quando.

Quali vendite sono aumentate? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli acquisti online sono aumentati su diverse categorie, non solo sui beni alimentari o sui prodotti farmaceutici.

In forte aumento anche le vendite in altri settori, che rispecchiano meno il periodo di urgenza, dall’abbigliamento all’elettronica, dai libri ai giochi, dell’oggettistica ai piccoli arredi.

Anche molti negozi fisici stanno approfittando di questi giorni di chiusura forzata per rinnovare i loro interni con nuovi accessori, che a loro volta acquistano online.

Cresce anche la domanda di realizzazione di nuovi ecommerce o di consulenze su ecommerce in difficoltà.

Ciò avviene perché si prevede che una gran parte di quell’incremento del 81%, di cui parla Industria Italiana, una volta finita l’emergenza continui ad acquistare nel 2020/2021 molto di più che nei medesimi periodi degli anni precedenti.

Difatti, già ora gli analisti sono convinti che molte persone, che prima del virus erano ancora titubanti ad acquistare online, nel futuro manterranno la nuova abitudine di comprare direttamente con il loro computer, tablet o telefonino.

Il Coronavirus, dunque, ha dato e continuerà a dare una svolta positiva a quelle attività che possiedono un ecommerce di proprietà. Sono le uniche ad avere giovato di questo disgraziatissimo periodo.

Tutto ciò, dunque, sembra contraddire il titolo del post di evoluzionecommerce che stai leggendo. E, invero, una contraddizione c’è.

Difatti, anche in questo periodo di forzata clausura, non si arresta il trend degli ecommerce che chiudono dopo il primo anno (massimo due) dalla loro messa online. Sono circa 3 su 5.

Una percentuale molto alta.

Esaminiamone insieme i motivi e cerchiamo di capire perché, nonostante quell’incremento del 81%, gli ecommerce di cui sto per parlarti continuano a non vendere.

Prime responsabili di questa falcidia sono la stragrande maggioranza delle web agency. Lo scriviamo da tempo.

La maggior parte sono costituite da designer che non hanno saputo aggiornare le proprie competenze, passando dalla creazione di un semplice sito web (magari realizzato con un template da pochi dollari) alle tecniche di vendita online.

Si tratta di un mondo completamente diverso.

Oggi, disegnare un ecommerce è davvero la cosa meno importante nel contesto di un progetto di vendita online. Una bella grafica è il minimo che si debba richiedere, ma certamente non basta per vendere.

Purtroppo molte web agency  promettono vantaggi che quasi mai sono in grado di fare ottenere, addebitando poi al loro cliente le colpe degli insuccessi.

Spesso lo fanno organizzando campagne di marketing a casaccio, che portano al sito accessi mal profilati e che quindi non si convertono in vendite.

Così creano un danno doppio. Oltre ai costi per l’ecommerce, il loro cliente versa sangue anche su operazioni pubblicitarie destinate al naufragio.

Dunque, quali sono gli errori che solitamente commettono queste agenzie?

Il primo è quello di non essere in grado di informare il loro cliente su cosa significhi avere un ecommerce e quale debba essere il suo impegno per farlo funzionare a dovere.

Non si pongono un obiettivo, non fissano una strategia di attacco al mercato. Non lo fanno, perché non sono attrezzate per svolgere diagnosi approfondite del prodotto, della relativa richiesta, della concorrenza e delle buyer persona.

Spesso non si tratta neppure di vere e proprie agenzie, ma del classico amico di famiglia o dello smanettone-costo-poco.

Questo è un mondo dove non ci si può improvvisare.

Peraltro, una volta che hai imparato qualcosa, devi continuare a studiare e ad aggiornarti.

È una legge che ogni imprenditore deve tenere presente, prima di scegliersi un partner per la costruzione del suo ecommerce.

Quindi il primo disastro è quello di mettere mano ad un negozio online, senza avere costruito prima un progetto su basi analitiche e strategiche condivise.

Il secondo passo falso è quello di porsi sul mercato con campagne pubblicitarie dettate dall’improvvisazione.

Fare marketing è una attività molto delicata. È costosa e, per questo, deve rendere. Una volta identificato a chi si deve rivolgere la tua comunicazione, bisogna anche identificare come e dove è necessario comunicare.

Ti posso garantire, per l’esperienza che ho accumulato in decenni di lavoro in questo settore, che per chiudere un ecommerce dopo uno o due anni di attività è già sufficiente avere toppato in pieno in questi primi due punti che ti ho elencato.

Ma andiamo avanti.

Sul web il mondo e le abitudini cambiano molto rapidamente. Si inseriscono nuovi concorrenti, cambiano gli algoritmi di Google o di Facebook. Emergono nuovi canali di ricerca, come Instagram e lo stesso YouTube.

Per seguire tempestivamente queste mutazioni, i risultati del marketing vanno monitorati fin dal principio e poi adeguati alle nuove tendenze di chi acquista.

Bisogna specializzarsi anche in questo tipo di attività.

Un imprenditore che percepisce queste problematiche comprende, quindi, che per avere il successo che merita deve esserci al suo fianco qualcuno che lo aiuti. Da solo non ce la può fare.

Peccato che nel frattempo, visti gli insuccessi e con la coda di paglia, la web agency e lo smanettone di turno se la siano data a gambe. Spariti.

Capisci bene che, in situazioni come queste, non c’è incremento del 81% che ti possa salvare. O ricominci daccapo con il piede giusto, oppure chiudi il tuo ecommerce dopo averci speso sopra un sacco di soldi.

Ecco perché quel trend di ecommerce chiusi, 2 su 5, non cambia neppure in questo periodo di grandi vendite sul web.

Ovviamente il lavoro di chi può aiutare un imprenditore a tirarsi fuori da una situazione, come quella che ti ho descritto, non può fermarsi alle sole funzionalità di cui ti ho parlato.

C’è molto di più da fare, come la valorizzazione del brand, la scelta delle nicchie su cui affermarsi, il sano utilizzo del budget, i contenuti anche in ottica SEO, le strategie commerciali, il recupero dei carrelli abbandonati, l’ottimizzazione del lifetime value del cliente e dello scontrino medio, le operazioni di retargeting, la formazione del personale destinato alla gestione del negozio online.

Ti sembra tutto molto complesso? In realtà lo è solo per chi fa tutt’altro mestiere che non quello di fare vendere online i propri clienti.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

Scopri di più sul "Focus del mese"

2 risposte a “Ecco perché nonostante il Coronavirus chiudono 3 ecommerce su 5”

  1. Paolo Gmail ha detto:

    Fare gli imprenditori è assai complicato. La mitologia dei vari Apple, Amazon, Zalando la lascio a tutti coloro che parlano di impresa atteggiandosi come un politico/a quando sa di essere ripreso/a in tv. Gli ecommerce spesso falliscono perchè a dirigerli ci sono solo dei meri commercianti da strapazzo che credono che guadagnare 50,00 € lordi su un divano sia ciò che in futuro li farà vincere sui competitors. Balle, il mondo cambia, sempre. Un tuo partner commerciale oggi domani può diventare un tuo competitor e ti fa cadere. Un sito non chiude solo perchè non è fatto bene, un sito chiude anche perchè non si offre un servizio giusto, non si ha il prodotto giusto o un configuratore avanzato. Gli italiani devono alzare il culo ed andare all’estero se oggi vogliono importare tecnologia avanti 10/15 anni rispetto alla nostra e a più basso costo e tutelarsi se vogliono avere lunga vita. Avere un buon partner web è fondamentale ma pensare che sia solo quella la chiave del vostro successo è ancora una volta un errore che può rivelarsi fatale. Le crisi servono per liberare il mercato di alcune aziende che tanto erano già state al loro funerale il giorno che erano state in camera di commercio ad aprire la loro posizione.

    • Lorenzo ha detto:

      Grazie Paolo per il tuo contributo. Tuttavia, in ogni settore, anche in Italia abbiamo eccellenze che ci invidiano all’estero. Gli imprenditori italiani non sono degli sprovveduti, ma spesso non hanno la forza per affrontare il cambiamento. E non parlo solo di forza economica. Diciamo che questo è un Paese dove è complicato fare impresa. Tuttavia il commercio elettronico sta dando una grossa mano.

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