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Così si creano le finte vendite su Amazon

Sono ormai frequenti i casi in cui la politica dei resi viene sfruttata da opportunisti che ordinano i prodotti, li utilizzano e poi li restituiscono al mittente, ottenendone il rimborso. Ecco cosa succede e perché.

Ti piacerebbe regalare i tuoi prodotti a finti clienti che li usano gratis? 

Se la risposta è no, come prevedo, allora l’ultima cosa che devi fare è vendere su Amazon. Meglio aprire un tuo ecommerce o gestire con profitto quello che eventualmente hai già.

Per spiegare meglio cosa intendo dire, parto da un’esperienza personale che risale proprio ai giorni scorsi.

Prima di scrivere questo articolo, ho cercato dappertutto informazioni super aggiornate su quanti, nel 2020, siano stati i resi dei prodotti acquistati su Amazon.

C’è chi parla di una percentuale di resi intorno al 15%, altri molto meno, altri qualcosa di più. Tuttavia non ho trovato dati ufficiali. Amazon non ha convenienza a renderli noti.

Allora, con buona pazienza, ho cominciato a girare per gli uffici postali. Ho chiesto ed ho visto.

Ovviamente i dirigenti dei vari sportelli non hanno gli strumenti per tracciare delle percentuali scientifiche, ma quello che ho visto mi è sembrato quanto meno significativo.

Benchè mi trovassi presso piccoli uffici postali, era davvero considerevole la fiumana di persone che rispedivano al mittente le scatole color marrone con tanto di sorriso stampato in nero (sono le tipiche scatole di Amazon, quelle che si vedono in pubblicità).

Possibile che così tante persone non siano rimaste contente del prodotto ricevuto e che per questo lo stiano rimandando indietro?

Sì, è possibile perché Amazon ha pianificato una politica dei resi che è a totale vantaggio del consumatore finale (è lui il suo cliente, non è chi vende) e a eccessivo svantaggio dei produttori o dei rivenditori.

Difatti, quando ricevi un pacco di Amazon hai tempo 14 giorni per restituire al mittente il pacco ricevuto, senza dovere dare alcuna giustificazione del perché lo stai rendendo.

I giorni diventano 30, se invece alleghi al reso una motivazione plausibile. 

In effetti, sono tempistiche previste dalla Legge a tutela del consumatore. Quindi sono uguali per tutti. Tuttavia una grossa differenza c’è.  Ed è anche sostanziale.

Tutta la comunicazione di Amazon sulla politica dei resi è improntata ad educare il consumatore a fare quello che vuole

La maggior parte delle volte il reso è gratuito e, per taluni oggetti, Amazon non richiede neppure la loro restituzione. Ridà indietro i soldi al cliente ed è finita lì.

Da questo atteggiamento nasce una pletora di approfittatori.

Difatti, se ho 14 giorni di tempo per usare quanto ho acquistato e poi restituirlo a costo zero, capisci bene che posso persino fare finta di comprare uno smoking, indossarlo per quando mi serve, e poi accollarlo nuovamente alla sartoria che me lo ha venduto.

Pratiche di questo genere sono molto diffuse.

Purtroppo, questa politica messa in atto da Amazon ha riempito di amarezza molti produttori, perché sono molti i furbetti del quartierino che l’hanno sfruttata essendo del tutto legale.

Il meccanismo è:

  • faccio finta di comprare
  • ricevo la merce
  • la utilizzo
  • la restituisco.

Con questi presupposti non è certo possibile programmare una crescita online della propria azienda.

Ovviamente, una sana condizione sul reso è sempre un elemento di garanzia per chi compra, ma certo non deve essere sbilanciata a danno di chi vende.

Vi è un’altra considerazione da fare. Ed è questa: difficilmente Amazon chiude un account a chi acquista. Semmai è molto più facile che lo chiuda a chi vende.

Va da sé che la selezione del cliente è quasi del tutto inesistente, cosa che invece è importante fare su un ecommerce personale, dove avrai clienti ben profilati e disposti ad un rapporto duraturo con chi vende.

Su Amazon i clienti non si legano a te (e tu a loro) e, molto spesso, sono clienti di livello nettamente inferiore a quelli che acquistano dagli ecommerce dei singoli produttori o rivenditori.

Come ho detto più volte, l’unico modo per opporsi ad una politica così poco vantaggiosa e deprimente è quello di rendersi indipendenti. Non bisogna vendere su Amazon, ma attraverso un ecommerce proprio.

E bisogna farlo al più presto.

Difatti, se Amazon rappresenta diverse criticità verso chi si affida a lui per vendere, ancor più allarmante sembra essere la sua espansione nel nostro Paese.

Come vedi dall’articolo pubblicato sul quotidiano Italia Oggi, per i prossimi tre anni Amazon ha pianificato investimenti in Italia per un ammontare di 530 milioni di euro. Una cifra che deve spaventare chi volesse ancora dipendere dalla piattaforma di Jeff Bezos per il suo futuro online.

Con simili investimenti e con tutti quelli già prodotti in Italia, Amazon tende a diventare il padrone assoluto dei destini delle nostre aziende. Soprattutto delle PMI e dei piccoli commercianti o artigiani.

Sono loro il vero baluardo alla spersonalizzazione dell’offerta. Ti ricordo il post dove, su questo specifico argomento, riportavo un articolo autorevole del Corriere della Sera.

In molte occasioni i consumatori italiani hanno dimostrato di gradire maggiormente i piccoli ecommerce di categoria, persino quelli che si offrono come una sorta di negozio sotto casa, piuttosto che i grandi marketplace.

La motivazione è che su Amazon trovi di tutto (lo stesso prodotto viene offerto da una miriade di venditori contemporaneamente), ma non hai punti di riferimento. Vince la battaglia del prezzo e non il brand.

Nei negozi online delle singole aziende o produttori, al contrario, trovi offerte più raffinate e un servizio post vendita che Amazon non è in grado di offrire. Chi acquista sente ancora il piacere di un contatto privilegiato.

È tuttavia fondamentale che le offerte siano chiare, circostanziate anche visivamente e quanto più possibile fruibili nel percorso di vendita. 

Per ottenere questo risultato bisogna che le imprese acquisiscano la cultura del nuovo mercato su cui si stanno presentando. Purtroppo molte sono ancora lontane dall’avere digerito questo passaggio che è indispensabile per vendere su internet.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

Scopri di più sul "Focus del mese"

2 risposte a “Così si creano le finte vendite su Amazon”

  1. aldo ha detto:

    comunicazioni che sollevano il morale.

    • Lorenzo Lo Vecchio ha detto:

      Buongiorno Aldo. Si tratta di decidere, se abbattersi o reagire. Sono certo che gli imprenditori italiani non si lasceranno condizionare da politiche tanto deprimenti. Molti già hanno incominciato a farlo, sganciandosi da Amazon e aprendo un proprio e-commerce. Ovviamente, seguendo un percorso di crescita online concreto e non gettandosi allo sbaraglio in un mercato che richiede strategie personalizzate per ciascuna azienda.

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