Una corretta programmazione del marketing salva le imprese da investimenti azzardati e aiuta a mantenere buoni rapporti con Google e i Social
Attenzione a lasciarsi prendere dal panico! Stiamo vivendo momenti difficili ma temporanei. Non è il caso di gettare al macero tutto ciò che di buono è stato fatto. Tanto meno lo è nel mondo online dove è necessario non perdere le posizioni acquisite e acquistarne di nuove.
Purtroppo siamo bersagliati da messaggi negativi da parte dei media. Ma i dati ci dicono di un PIL cresciuto nel 2022 a +3,4%. La proiezione per fine anno è del 4,6%. Nel primo semestre sono stati creati 230.000 nuovi posti di lavoro. Centomila in più del periodo antecedente alla pandemia (dati ISTAT).
Avanti tutta, dunque, non prestando l’orecchio a chi ci vuole male. Il nostro nemico è la paura. Sul web, peraltro, la crescita è in doppia cifra. Abbiamo alleati molto potenti per crescere e guadagnare ancora di più. Vediamo nelle prossime righe perché è utile tenerli stretti a noi.
Dalla breve introduzione a questo articolo e dal suo titolo appare chiaro che stiamo parlando agli imprenditori che hanno un’azienda già presente su Internet, ad imprenditori che hanno già messo in atto azioni per aumentare il loro fatturato online e a quelli che sentono l’esigenza di entrare nel mercato del web.
E, siccome la favoletta del “apri un e-commerce e vendi subito” è già stata da tempo smentita (ed era ora…), vale la pena ribadire che ciò che deve funzionare per avere successo online è la strategia con cui affrontare questo tipo di mercato.
Una strategia dove la comunicazione assume un ruolo fondamentale, come abbiamo più volte scritto su questo Magazine. In particolare, per comunicazione voglio intendere:
Queste sono le due macro categorie della comunicazione. Se una sola di queste due non funziona, non si vende.
Per entrare più nel dettaglio:
Non vendere significa perdere la possibilità di aumentare i propri fatturati: ciò che si potrebbe incassare ma non si incassa è una perdita secca.
Non vendere significa lasciare una fetta di clienti potenziali (ma anche parte di quelli già acquisiti) nella mani avide della concorrenza.
Non vendere significa avere speso per costruire l’e-commerce e per le azioni di marketing, deboli o intense che siano, senza avere portato a casa quei risultati che, almeno, ricoprano i costi.
Dunque, costruzione dell’e-commerce (descrizioni) e marketing (campagne) devono viaggiare di pari-passo, focalizzati entrambi sul cliente finale, che deve acquistare.
Ciò che bisogna comunicare non viene deciso a caso, ma passa attraverso una introspezione preventiva del mercato (analisi), sulle cui basi possa funzionare alla perfezione la simbiosi tra questi due elementi.
Lo ripeterò fino alla noia.
Per esperienza mia personale e di evoluzionecommerce in generale, alla base dell’errore più comune che causa l’insuccesso di un e-commerce c’è l’inesperienza delle imprese nella scelta di un partner con cui elaborare il proprio progetto di vendita su Internet. Manager e imprenditori si sono occupati sempre di altro, che non del mondo online.
Dunque non è colpa loro se non possiedono gli elementi necessari per valutare una collaborazione efficiente con chi si professa esperto di vendite sul web, dove i guru sono tanti ma quelli concreti si contano sulle dita di una mano.
In verità, molto spesso si confonde la costruzione di un e-commerce con la realizzazione di un sito configurato tecnicamente per vendere. Cioè un sito dotato di un catalogo, di un carrello e di una cassa.
Ma questo non è per nulla sufficiente, anzi è fuorviante.
Difatti, sull’onda del “è facile e lo possono fare tutti”, c’è chi si affida al fai-da-te, oppure all’amico smanettone, oppure al web designer. Così non funziona.
Vendere online significa gestire un vero, nuovo ramo d’azienda, dove le logiche di mercato sono del tutto differenti da quelle con cui è governato il mercato tradizionale. Bisogna conoscerle.
Si tratta di un mercato in grande fermento e in continua mutazione dove la battaglia con la concorrenza si fa sempre più sofisticata. Giorno dopo giorno.
Lasciamo da parte la scelta del fai-da-te o dello smanettone, sulla cui professionalità non vale la pena soffermarsi.
Una precisazione va fatta invece sul web designer, chiamiamola pure web agency, che pur bravo che sia non nasce per vendere online. Anzi, specializzatosi sempre più nella grafica, si è allontanato irrimediabilmente dalla comunicazione.
Iperbolicamente possiamo dire che un e-commerce molto bello, ma non configurato secondo opportune strategie di vendita, vende molto meno di un e-commerce brutto ma focalizzato sulle vendite.
Certamente anche la bellezza ha il suo valore ma, come detto, non è fondamentale.
Dunque, quello che capita abitualmente è che le imprese si affidino a qualche web agency sulla base di un portfolio grafico e non sulle sue reali capacità per aiutare un’azienda a vendere su Internet.
Questa scelta, molto spesso, non soddisfa le attese di chi investe, perché il settore e-commerce ha necessità di competenze specifiche, aggiornate e dirette alla comunicazione.
Pertanto, per riassumere, ciò che non funziona è prevalentemente quella parte di affiancamento alle imprese, incapace di lavorare con serietà e determinazione sulle prospettive future dei fatturati di vendita.
Tutto quello che ho scritto fin qui su questo articolo racconta una fase reale di chi, come azienda, si approccia al mondo delle vendite su Internet. Oppure vi è già pienamente immerso. Sono certo che molti lettori si riconoscono in quanto ho appena detto.
Ciò che dovrebbe funzionare e non funziona rappresenta un forte disturbo nelle vicende di un’azienda, tale da potere condizionare negativamente le scelte imprenditoriali.
In tutta la fase che precede la costruzione dell’e-commerce, in quella successiva per il suo lancio e della raccolta-ordini, ci sono importanti decisioni da prendere. Soprattutto in merito alla gestione delle risorse finanziarie da dedicare all’online.
La bontà e la saggezza di queste decisioni sono quelle che differenziano un e-commerce che vende, da uno che invece non produce risultati accettabili.
Come ho detto precedentemente, una nemica di queste decisioni è la paura. C’è il timore di sbagliare la scelta delle azioni da mettere in atto. C’è il terrore di sbagliare gli investimenti. E, non ultima, c’è anche la riprova sociale di parenti, soci e colleghi pronti a criticare mosse che potrebbero rivelarsi poco produttive.
Tutto vero e tutto comprensibile. Questa è la vita e la condizione degli imprenditori.
Dunque, è un classico che anche per quanto riguarda gli e-commerce esista una certa titubanza ad investire. Ma qui il problema è uno solo e si riassume nella seguente domanda: vuoi vendere online o vuoi restare fuori da questo mercato?
Dando per scontato che, ormai, le imprese abbiano capito che non si può rimanere fuori da Internet, l’unica risposta possibile è questa: voglio che la mia presenza su Internet produca effetti positivi sul mio brand e sui fatturati/guadagni della mia azienda.
Perciò la paura non ha più alcun senso di esistere. Semmai ci vuole competenza, conoscenza, determinazione e cautela. È un lavoro che va svolto a quattro mani tra l’impresa e chi l’affianca.
Ci vuole un piano commerciale che venga condiviso e rispettato in tutti i suoi passaggi, compresi gli investimenti da dedicare al marketing.
E mi soffermo su questo punto, per tornare al concetto di comunicazione. Per vendere online il marketing è assolutamente indispensabile. Lo si può realizzare in varie forme, online oppure offline, ma è necessario.
Lesinare risorse al marketing (nei limiti delle possibilità di ognuno) significa affrontare una battaglia utilizzando arco e frecce, laddove il nemico avanza con i carri-armati. È inutile, economicamente dispersivo e del tutto perdente.
Per vincere sul campo abbiamo due grossi alleati: Google e i Social. Chiamiamoli pure “mercenari” perché si fanno pagare. Ma sono anche gli unici che ci possono fare esultare per una vittoria.
Senza di loro non si va da nessuna parte. Internet è stato impostato così, e nessun piccolo o grande imprenditore avrà mai la capacità di cambiarne le regole.
Certo, fare marketing non significa impegnarsi in campagne pubblicitarie allo sbaraglio. Questo pericolo può essere facilmente superato, perché fortunatamente i budget dedicati al marketing si consumano con chi fa clic sui vari annunci.
Un annuncio configurato secondo tutte quelle regole di cui abbiamo sempre parlato in questo Magazine, ed anche in parte in questo articolo, deve produrre clic di persone realmente interessate a creare un rapporto di interesse con chi si pubblicizza.
Se questo interesse non c’è, il marketing non ha nessun costo, perché nessuno fa clic e neppure un centesimo viene utilizzato.
Indubbiamente è opportuno intensificare le campagne nelle fasi dell’anno in cui gli acquisti di un determinato prodotto sono più attuali. Ma tutto questo fa parte della programmazione.
Tutto deve essere organizzato, preventivato e personalizzato azienda per azienda, prodotto per prodotto. Ma interrompere l’alleanza con Google e con i Social: mai!
Che possa essere un risparmio è solo una errata valutazione. Come è stato appena spiegato. Semmai è un invito per i nostri due grandi alleati (ricordiamoci che li abbiamo descritti come eserciti mercenari) ad abbandonare la nostra causa per sostenere più attivamente qualche altro nostro concorrente.
È contro se stessi e non serve a risparmiare.
Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.
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