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Crescita ecommerce 2020: agli italiani piace online

Le partite in TV, la pizza a domicilio, i libri consegnati in 24 ore ci hanno abituato a non andare più verso le cose, ma a pretendere che le cose arrivino a noi. Ecco perché anche in Italia tutti usano gli ecommerce.

Inizio questo post di evoluzionecommerce prendendo a noleggio tre frasi e concetti espressi da un noto e stimato giornalista, Beppe Severgnini, in un suo articolo apparso sul Corriere della Sera

Nell’articolo, di cui vediamo la riproduzione del titolo, in merito alla esplosione degli ecommerce in Italia Severgnini afferma:

  • Era evidente che, prima o poi, gli acquisti online avrebbero sfondato il muro della diffidenza italiana – sempre robusto – e guadato la palude delle consegne a domicilio …
  • La società occidentale – della quale facciamo parte, anche se ogni tanto lo dimentichiamo – si impigrisce in modo progressivo e rapido. Andiamo sempre meno verso le cose, pretendiamo che le cose arrivino a noi
  • Arriverà presto un vaccino per Covid19; ma sbucheranno nuove minacce. In queste condizioni, l’ecommerce – nome impolverato, ormai – avrà nuove opportunità …

Punto primo. È vero, gli italiani sono diffidenti e non tutti gli imprenditori sanno guardare oltre ciò che rimane nel cassetto quando la sera chiudono bottega. Dunque, commercianti compresi. Chi invece è dotato di questa virtù è già un passo avanti rispetto a tutti gli altri.

È più facile stare a guardare cosa succede e poi lamentarsi perché quel che succede è imponderabile, piuttosto che avere il coraggio di affrontare nuove sfide e di guardare con fiducia verso il futuro.

Punto secondo. Servegnini dimostra quello che pensa, portando tutta una serie di esempi, da Amazon ai giornali online, da Sky a Glovo. Si tratta di servizi ormai consolidati nella vita di ognuno di noi: 

  • non andiamo più allo stadio, ma ci guardiamo le partite in Tv, 
  • la pizza ce la devono portare fin sotto il portone, 
  • le librerie sono vuote, perché raggiungerle è scomodo e si rischiano le multe per sosta vietata o eccesso di velocità.

Tutto vero. La pandemia ha fatto il resto, obbligando la gente a vincere la ritrosia a modificare le proprie abitudini. 

Adesso la strada è quella del commercio online e indietro non si torna. Anzi si consoliderà sempre di più a danno delle attività tradizionali.

Punto terzo. Da Chernobyl in poi è stato un susseguirsi di allarmi per la nostra salute. Nessuno preghi perché dopo il Coronavirus accada ancora qualcosa di tanto grave ma, come dice Severgnini, nuove minacce sono all’orizzonte.

Dunque, non ci sono più scuse. Oggi costruire un ecommerce costa molto poco, almeno per iniziare con le prime vendite, ed anche sotto l’aspetto logistico ormai ci sono organizzazioni che hanno da tempo risolto il problema, mettendosi a disposizione delle PMI.

Certo, si tratta di un mercato nuovo, che bisogna imparare a conoscere. Ma per questo esistono bravi consulenti, capaci di accompagnare al successo le vendite di qualsiasi settore, anche business-to-business.

In verità ci sono settori merceologici che esplodono più di altri, facendo a gara nelle crescite degli ordini online. Ma si tratta di un ciclo continuo, dove c’è chi cresce di più e chi di meno, ma comunque il fatturato aumenta per tutti.

Crearsi un proprio ecommerce conviene sempre, purché si seguano quelle regole di pianificazione strategica, di cui ho già tanto parlato su questo blog. Altrimenti si creano solo disastri.

Difatti, ci sono ecommerce che non hanno mai funzionato a dovere, ma questo è il momento di chiedersi il perché e di rimetterli in moto.

L’anno scorso è stato un boom per l’elettronica e l’abbigliamento. Quest’anno il primato è detenuto da vino e birra, unitamente a prodotti per gli animali, per la cura della casa e della persona.

L’anno prossimo toccherà a qualcun altro. È un ciclo continuo.

A favorire tutto questo non è stata solo la pandemia. Anche le politiche sulla limitazione dei pagamenti in contanti, ci ha abituato finalmente all’uso delle carte di credito e del bancomat.

Un utilizzo che, come dice Severgnini, abbatte la diffidenza. Se uso le carte nei negozi, perché non posso farlo anche standomene comodo in casa o in ufficio?

Negli Stati Uniti, che sono molto più avanti che in Europa per quanto riguarda le vendite online, stanno nascendo come funghi negozi fisici privi di cassa.

Il sistema si chiama click & collect. Funziona così: ordino online e ritiro in negozio. Questo succede soprattutto nell’abbigliamento, dove la scelta dei capi negli scaffali è sempre molto laboriosa. Oppure succede in tutti quei settori dove le scorte sono limitate.

In Italia, che arriva spesso al traino dopo altri Paesi, l’utilizzo di questa formula di acquisto ha toccato punte di crescita dell’800%, soprattutto nei centri estetici e nelle spa.

Ma non finisce qui: il quadro dell’evoluzione degli ecommerce in Italia si completa con i dati forniti dall’Istat, che alza l’asticella dell’età media di chi acquista online.

Oggi anche gli ultrasessantenni usano quotidianamente il computer. Chi per lavoro, chi per sentirsi più alla pari con figli e nipoti. Anche loro comprano online. Anzi trovano che la cosa sia molto divertente.

Per questo stesso motivo, anche chi si trova a capo di un’azienda intreccia contatti di lavoro con altre aziende attraverso internet, utilizzando tutte quelle piattaforme di dialogo (da Skype a Zoom) che consentono di guardarsi negli occhi e di mostrare oggetti anche a chilometri di distanza.

Chi resta fuori da queste soluzioni digitali è condannato inesorabilmente a restare fuori dal mondo che cambia. Anzi che è già cambiato. E nel mondo del commercio la sottovalutazione di questo aspetto può costare molto cara.

"Quanti tuoi clienti comprano online?"

Questa la domanda a cui molte aziende devono dare risposta.

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